martedì 29 giugno 2010

Allattamento al seno: il ruolo del papà

Allattamento al seno: il ruolo del papà

E' un pensiero comune che l'allattamento al seno escluda i neopapà mentre quello al biberon coinvolga i papà. O che per coinvolgere i papà nell'allattamento al seno sia necessario tirarsi il latte per farlo dare al papà con il biberon.

Personalmente li ritengo i soliti luoghi comuni, un po' come dire "l'allattamento sfibra" (come se pulire, sterilizzare, preparare il biberon fosse rilassante!).

I papà hanno un ruolo cruciale nell'allattamento al seno, molto più di quanto possano immaginare.

Un uomo potrà pensare "Ma cosa c'entro io con l'allattamento materno? Mica ho il seno!".
Vero che l'uomo non ha il seno, ma non è nemmeno provvisto di utero e vagina, e pertanto assiste e spesso collabora attivamente al parto della propria compagna!

Prima di tutto i papà possono fornire aiuto pratico.
Aiutare la mamma a trovare una posizione comoda, portarle dei cuscini, porgerle il bimbo dopo che lei si è sistemata in modo confortevole. Sembrano sciocchezze, ma in particolare nel primo periodo dell'allattamento sono attenzioni tutt'altro che trascurabili.

Anche di notte questi gesti sono particolarmente graditi, e possono contribuire a far sentire una mamma meno abbandonata a se stessa in questo compito.

L'incarico fondamentale dei padri però è quello di tornare al ruolo primitivo di "maschio" e cioè quello di proteggere la madre del suo cucciolo (e il suo cucciolo) dall'ambiente circostante.

Così come quando una donna diventa madre spesso scopre il suo lato "animale", nel senso di istintivo, primordiale (basti pensare al parto stesso o ad alcune sensazioni molto forti che si possono provare quando si ha un neonato), anche i neopapà dovrebbero ricordarsi che non sono altro che mammiferi maschi.

Il papà dovrebbe fare quanto possibile per creare un clima sereno e protetto intorno alla neofamiglia, difendendo con le unghie e con i denti (in senso figurato!) il "nido", quindi fare da filtro rispetto alle visite di parenti e amici (che il più delle volte sono fonte di stress), alle telefonate, a tutte le incombenze pratiche che di certo pesano alla propria compagna.

Penso inoltre che la cosa che le mamme chiedano di più al proprio partner sia fiducia: fiducia nella loro capacità di essere madri, fiducia in quello che stanno facendo.

Spesso quando un allattamento ha dei problemi le mamme mi riferiscono che il proprio compagno si è schierato "dalla parte del nemico", che sia il pediatra o la suocera non importa, comunque dalla parte di chi la pensa in maniera opposta, mettendo in discussione le scelte della mamma (magari con argomentazioni banalizzanti tipo "non sei lucida per via della tempesta ormonale" e via dicendo).

Questo non significa che per forza la mamma abbia sempre ragione e gli altri sempre torto, ma vedo che in genere i padri accettano con favore la soluzione apparentemente più semplice.

Sappiamo bene che il cervello maschile è diverso da quello femminile, per cui di fronte a una situazione difficile l'uomo propone soluzioni pratiche e razionali, mentre la donna preferisce il dialogo, l'ascolto e la comprensione.

E' il classico equivoco che fa scaturire le liti nelle coppie: lei ha un problema e ne vuole parlare, parlare e basta, non chiede che qualcuno le trovi la soluzione. Lui invece risponde con proposte e spiegazioni... ed è l'inizio dell'incomprensione!

Nell'allattamento questo si traduce in "Pensi di avere poco latte? Dai un biberon di aggiunta" oppure "Sei affaticata? Smetti di allattare o tirati il latte che ci penso io".
Dal punto di vista pratico questi ragionamenti non fanno una piega, anzi, credo che molti uomini non capiscano come mai una donna che incontra difficoltà nell'allattamento si affanni tanto per trovare una soluzione diversa dal biberon.

Ci sono però dei dettagli tutt'altro che trascurabili.
Il primo e forse più evidente è che il latte artificiale è ancora ben lontano dall'essere equivalente al latte materno (e anche se un lontanissimo giorno lo diventerà, resta sempre il fatto che il latte materno è gratis)
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L'altro è che allattare al seno è una delle fasi del processo riproduttivo che inizia con il concepimento, si evolve nelle gravidanza, sfocia nel parto e si conclude, appunto, con l'allattamento. Quando uno di questi passaggi "salta", è naturale che la maggior parte delle donne si senta in crisi.

Vogliamo rivolgere la situazione al maschile? Mettiamo che il vostro partner non possa avere figli e voi con naturalezza gli diciate "Non preoccuparti, tesoro, ricorrerò al seme di un donatore. Tanto è lo stesso, alla fine il figlio lo cresceremo noi per cui sarà nostro a tutti gli effetti". Certo, è una strada che si può intraprendere, ma non credo che un uomo faccia questa scelta in un battito di ciglia e che sia contento che voi glie lo proponiate con tanta leggerezza! Avrà bisogno di tempo per ponderare e per accettare una procedura che in qualche modo mette in discussione il suo "essere uomo".

Cosa può fare quindi un papà?
Innanzitutto informarsi, possibilmente già durante la gravidanza, non solo sul parto e su come potrà essere di aiuto, ma anche sull'allattamento al seno: come funziona, cosa è "normale", di modo che non si stupirà se quel cuccioletto minuscolo mangerà così spesso o se i suoi ritmi sono irregolari.

In questo modo potrà fare da barriera anche verso i "cattivi consigliatori", cioè quelli che criticano la mamma perché non allatta a orari o perché non dà il biberon di acqua o di camomilla.

Vi assicuro che per una mamma, bersagliata da queste critiche, è di grande sollievo avere l'appoggio del partner!
Nel caso in cui insorgano dei problemi, il ruolo del padre diventa ancora più importante.

Nel 2005 è stato fatto uno studio in Campania su un gruppo di genitori. A tutte le madri venivano forniti consigli sull'allattamento. I padri invece erano stati divisi in due gruppi: un gruppo non riceveva nessuna informazione, l'altro gruppo veniva formato specificatamente sulla gestione dei più comuni problemi dell'allattamento al seno.

I risultati sono stati strabilianti: la differenza tra i due gruppi è stata molto marcata, cioè l'allattamento al seno era molto più diffuso nel gruppo in cui i padri erano stati formati. A titolo di esempio, nel gruppo dove i papà non erano stati formati, le madri che avevano la percezione di avere poco latte erano il 27%, mentre nell'altro gruppo la percentuale scendeva al 9%.

E' chiaro quindi che al giorno d'oggi l'allattamento non è solo "roba da donne", coinvolge gli uomini e hanno una grande responsabilità nella sua riuscita.

Quindi, cari papà, voi non siete esclusi dall'allattamento al seno.

Avete un ruolo importante anche se spesso il vostro lavoro si svolge nell'ombra!

Sara Cosano

Parto: cesareo o naturale decide i batteri del bambino

Il modo in cui si viene al mondo (parto naturale o cesareo) decide quale comunita' di batteri andra' a vivere nel corpo del bambino e quindi il rischio infezioni associato a ciascun metodo per dare alla luce un figlio.

Uno studio pubblicato sulla rivista dell'Accademia Americana delle Scienze 'PNAS' mostra che se il parto è naturale il bebe' sarà 'colonizzato' da batteri simili a quelli presenti nel tratto vaginale della madre; se il parto è con taglio cesareo, invece, il bebe' presentera' batteri diversi, alcuni potenzialmente pericolosi.

Non a caso il taglio cesareo è risultato associato in precedenti studi a maggiore suscettibilita' a certe malattie, hanno spiegato gli autori del lavoro, Elizabeth Costello della Stanford University e Maria Dominguez-Bello dell'Universita' di Porto Rico a San Juan. Quando un bebe' viene al mondo, oltre a mamma e papa', i primi esseri viventi con cui entra in contatto sono proprio i microbi, batteri di vario tipo che vanno a colonizzare le sue mucose e il tratto digerente.

Precedenti studi hanno dimostrato che ciascuno di noi ha un proprio 'corredo' di microbi unico e diverso da quello degli altri; ebbene almeno in parte questo corredo personale dipende dal modo in cui veniamo al mondo.

Studiando 10 bebe' appena nati (con esame di tamponi da pelle, bocca, gola, tratto digerente), gli esperti hanno infatti dimostrato che se il bebe' e' nato di parto naturale il corredo di microbi che porta con se' e' corrispondente a quello del tratto vaginale materno.

Invece se e' nato con taglio cesareo presenta batteri di tutt'altra provenienza, alcuni potenzialmente patogeni come gli Stafilococco, batteri legati alla difterite e all'acne. Il parto cesareo e' stato piu' volte associato a maggiore suscettibilita' a certe malattie come asma e allergie e a certe infezioni: forse il corredo microbico che il bebe' ottiene in eredita' al momento del parto fa la differenza in questo senso.

Fonte: Cybermed.it

giovedì 24 giugno 2010

Come pregare a casa

Affrettatevi, uscita dalla chiesa, ad andare direttamente nella vostra camera, salutate l’icona con alcune prostrazioni chiedendo al Signore di passare devotamente e con utilità per l’anima il tempo che vi si presenta di solitaria permanenza a casa. Bisognerà, quindi, riposare un po’, stando seduti. Non date, tuttavia, la possibilità ai pensieri di distrarsi; pronunciate, bensì, in voi stessa – senza pensare a nulla – le parole: “Signore, pietà! Signore, pietà!”.Dopo esservi riposata un po’, bisognerà fare qualcosa: pregare o dedicarvi a qualche lavoro manuale. Quale? Lo dovrete scegliere voi stessa. Non bisogna sempre occuparsi di cose spirituali, bisogna anche avere qualche occupazione manuale, che non sia causa di preoccupazione. Si deve iniziarla quando l’anima è stanca, affaticata e non è capace né di leggere, né pensare, né di pregare Dio. Se queste occupazioni spirituali, però, procedono bene, si può lasciar perdere il lavoro manuale. Esso è destinato a riempire il tempo che, altrimenti, passerebbe nell’ozio che è sempre dannoso, tanto più nel tempo della preparazione alla comunione.

Come pregare a casa? Avete detto bene: “Bisogna aggiungere qualcosa alla consueta regola di preghiera”. Certo, bisogna. E’ meglio, però, che non aggiungiate la lettura superflua di preghiere, ma preghiate più a lungo senza il libro, manifestando di fronte al Signore le vostre intime necessità spirituali. Leggete mattino e sera non di più dei giorni ordinari, ma prima dell’inizio della vostra preghiera – e dopo – pregate spontaneamente e, negli intervalli tra le preghiere lette, aggiungetene una vostra, prostrandovi profondamente fino a terra e mettendovi in ginocchio. Importunate il Signore, la Madre di Dio e l’angelo custode chiedendo tutto ciò che sentite estremamente necessario per voi nelle parole che rivolgete loro, pregate perché possiate conoscere voi stessa e, in questa conoscenza, sia compreso il desiderio e provvista la forza di correggere tutto ciò che vi è da emendare e ancora che il vostro cuore si riempia di spirito di contrizione e umiltà, nelle quali il sacrificio è più gradito a Dio. Non vi sottoponete, però, ad una regola di preghiera troppo lunga. Meglio mettersi a pregare più spesso e prostrarsi più volte durante il giorno. Si raddoppiano così le prostrazioni nel corso della giornata. Non allontanatevi mai dal Signore con la mente, sia che siate in preghiera, sia che facciate qualche altra cosa.



Teofane il Recluso

giovedì 17 giugno 2010

Non seguite l'inganno dei progressisti!

Sono molto contento che abbiate accolto di cuore ciò che vi ho scritto nella scorsa lettera e siate d’accordo a comportarvi così. Vi aiuti il Signore!

Dio ci ha dato questa vita perché abbiamo il tempo di prepararci a quella dopo la morte. Questa è breve, quella non ha fine. Benché essa sia breve, nel suo corso si possono preparare le provvigioni per tutta l’eternità. Ogni buona azione va lassù, come in un piccolo deposito; da tutti questi depositi si forma un capitale le cui percentuali determineranno il patrimonio del risparmiatore per tutta l’eternità. Chi manda depositi maggiori, avrà il patrimonio maggiore. Il Signore dà a ciascuno secondo le sue opere.

Ecco, di questo dovremmo ora preoccuparci: di mandare là più depositi che sia possibile. E questa cura non è complicata né pesante, come testimonia lo stesso Signore dicendo: «Il mio gioco è dolce e il mio carico è leggero» (Mt 11,30).

Vi ho parlato di questo in rapporto ai pensieri che vi turbano per togliervi dalla vostra pena, quasi viveste tutta la vostra vita senza scopo se continuerete a vivere come vivete. La struttura della vita cristiana è questa: credi in Dio, nella adorata Trinità, in Gesù Cristo Signore, che ci ha salvato, e nella grazia dello Spirito Santo e, partecipando al dinamismo della grazia, i divini sacramenti della santa Chiesa, vivi secondo i comandamenti del Vangelo, animata dalla speranza che Dio, per la nostra piccola opera, secondo la misura delle nostre forze e grazie alla fede nel Signore Salvatore e alla obbedienza verso di lui, non ci priverà del cielo. Vi aggiungo tutto ciò perché vediate in quale spirito dobbiamo operare noi, che siamo cristiani. Altri, infatti, dicono: fai, fai; e altri: credi, credi. E’ necessario l’uno e l’altro: unire la fede con le opere e le opere con la fede.

La nostra attenzione, tuttavia dovrà concentrarsi particolarmente nel compimento dei comandamenti. Sei già credente? Metti in pratica i comandamenti, poiché la fede senza le opere è morta. E ringrazia il Signore, perché gli è gradito determinare il valore delle nostre opere non secondo la loro grandezza, ma secondo le nostre disposizioni interne. Disponiamoci, nella maggior parte dei casi, a compiere le opere secondo la sua volontà, così che, se vi porremo attenzione, potremo operare sempre in modo gradito a Dio. Non c’è bisogno, perciò, di andare al di là del mare – come affermano i progressisti -, ma di guardarsi intorno ogni giorno e ogni ora.Dove vedrai impressi i comandamenti, adempi subito, nella convinzione che questa opera – e non un’altra – esiga da te, in questo momento, Dio stesso.

Operate per radicarvi più profondamente in questa convinzione. Appena sarà radicata, comincerà a scendervi nel cuore la pace propria della convinzione che state servendo il Signore. Questo inizio comprende tutto. Persino quando vi chiederanno di rammendare il calzino del vostro fratello minore – e lo farete in nome dei comandamenti del Signore: ubbidire e aiutare -, questo sarà aggiunto alla somma delle opere gradite a Dio. Sarà così per ogni passo, per ogni parola, per ogni movimento e per ogni sguardo; tutto può diventare un mezzo per vivere secondo la volontà del Signore e perciò, un passo verso l’ultima mèta.

I progressisti hanno preso di mira tutta l’umanità o, per lo meno, tutto il proprio popolo per intero. L’umanità e il popolo, tuttavia, non sussistono come una persona perché si possa far qualcosa per loro, ora. Essi sono composti di singole persone: facendo qualcosa per qualcuno lo facciamo per tutta l’umanità.Se ognuno, senza volgere lo sguardo all’umanità in generale, facesse il possibile per chi ha di fronte, tutti gli uomini, nel complesso, in ogni momento, otterrebbero ciò di cui necessitano tutti i loro bisogni e, soddisfacendoli, compirebbero il bene di tutta l’umanità composta di abbienti e non abbienti, di ricchi e poveri. Si ha, invece, in mente il bene di tutta l’umanità, e poi si disattende chi si ha di fronte e ne vien fuori che non si ha la possibilità di operare universalmente; si disattende ciò che è particolare e così non si fa nulla per lo scopo fondamentale della vita.

A San Pietroburgo mi raccontarono questo episodio. Un gentleman, ad una riunione di questi giovani impegnati per il bene universale – eravamo nel culmine del delirio progressista -, tenne un forte discorso sull’amore verso l’umanità e verso il popolo. Tutti ne rimasero ammirati. Poi fece ritorno a casa. Un uomo che lo serviva, lo indispose poiché non gli aprì la porta subito, poi perché non gli diede subito la candela, poi accadde qualcosa alla canna fumaria, ed era freddo nella stanza… Alla fine, il nostro filantropo non ce la fece più e diede una lavata di capo al servitore. Quello replicò e questo gli diede un colpo al petto. Ed ecco li nostro giovanotto: là si riscaldava d’amore per l’umanità, e qui non riusciva neppure a comportarsi con un uomo come di dovrebbe. E, al tempo del primo scoppio del delirio progressista, delle ragazze, occupate in una tipografia, non di rado lasciavano le loro madri senza un pezzo di pane, mentre tutti sognavano di andare avanti e di lavorare per il bene dell’umanità. La rovina è venuta da un’ampiezza di orizzonti troppo grande. E’ meglio abbassare gli occhi umilmente, guardarsi sotto i piedi e distinguere come e dove volgere il passo seguente. Questo è il cammino più giusto.

Vi ripeto ancora che vi parlo di tutto ciò perché vi rimanga impresso nella memoria, proteggendovi così dall’annebbiamento che portano all’anima i sogni progressisti.

Teofane il Recluso