sabato 2 ottobre 2010

«Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò»

Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo (Gv 6,14-15)

Ancora oggi il mondo, i governi, le chiese continuano a volere fare di Gesù il loro re personale. Insistono perché Cristo sia solo il loro re, che li vendichi dell’ingiustizia degli altri e li renda vittoriosi sui forti e i prepotenti. Le crociate in nome di Cristo furono compiute sotto il segno della croce, incisa sugli stendardi e sulle spade. I crociati presero davvero Gesù per farLo re, un re condottiero che combatte con la spada e la lancia, che uccide e distrugge i nemici. Stessa cosa accade con l’Inquisizione, tribunali di morte in cui si aizzava il fuoco contro i credenti che non sottostavano al potere dei papi di allora. Tutto questo fu fatto in nome di Cristo che i successori degli imperatori romani fecero loro proprio re, a Roma, perché sottomettesse il mondo ai loro piedi. Ancora oggi, ogni chiesa pretende che Cristo la renda vittoriosa su tutti gli altri, in qualità di re appartenente solo a essa, difendendola e vendicandola [...]

Perciò il cuore di Cristo era angosciato e triste per quei galilei che avevano smarrito la via di Dio e della vera salvezza. Non riuscivano più a vedere in Cristo la sua essenza di Salvatore e Redentore. Dopo il miracolo [della moltiplicazione dei pani e dei pesci], Cristo non poté far altro che sparire dalla loro vista e “ritirarsi tutto solo”.

Ancora oggi, Cristo si rifiuta di essere un sovrano razzista e dogmatico, di un solo popolo, di un solo credo. Si rifiuta di essere uno strumento per rendere facile la vita naturale o per assicurare le gioie terrene. Cristo è, infatti, «Signore per la gloria di Dio Padre» (Fil 2,11). Tutti i miracoli di Cristo sono per la gloria del Padre la quale non si rivela se non quando le persone si amano e si perdonano reciprocamente. Le parole di Cristo «Ti ho glorificato sulla Terra» (Gv 17,4), significano che Egli ha dato se stesso in sacrificio d’amore per tutti. Cristo appartiene al mondo intero, per conto e gloria del Padre celeste.

Matta El Meskin

Preghiera e segno della Croce

Fatti assiduamente il segno della Croce: esso è una preghiera silenziosa. In un breve momento, indipendente dal lento scorrere delle parole, dà espressione alla tua volontà di esser partecipe della vita di Cristo e di crocifiggere la tua carne, e di ricevere, volontariamente, senza brontolare, tutto ciò che la Santissima Trinità invia.

Inoltre, il segno della Croce è un’arma contro gli spiriti maligni: usa quest’arma spesso, riflettendoci.

Tito Colliander

Preghiera e silenzio

Quando preghi, devi stare in silenzio.

Non preghi per ottenere la realizzazione dei tuoi desideri terreni, ma preghi: “sia fatta la Tua volontà”. Non è bene pensare di usare Dio come un garzone.

Devi stare in silenzio. Lascia che la preghiera ti parli.

Tito Colliander

Scuola verso la militarizzazione?

Un preoccupante affresco di quanto prospettato dalla tanto voluta riforma della scuola...

Con un accordo Gelmini-La Russa via a un corso che prevede la divisione degli studenti in "pattuglie", lezioni di tiro con la pistola ad aria compressa e percorsi "ginnico-militari".

Si chiama "allenati per la vita". E' il corso teorico e pratico, valido come credito formativo scolastico, rivolto agli studenti delle scuole superiori, frutto di un protocollo tra ministero dell'Istruzione e della Difesa. E che cosa serve a un ragazzo per allenarsi per la vita? Esperienze di condivisione sociale, culturale e sportive , informa la circolare del comando militare lombardo rivolta ai professori della regione.

Dopo le lezioni teoriche "che possono essere inserite nell'attività scolastica di "Diritto e Costituzione" seguiranno corsi di primo soccorso, arrampicata, nuoto e salvataggio e "orienteering", vale a dire sopravvivenza e senso di orientamento, (ma l'autore della circolare scrive orientiring, coniando un neologismo). Non solo, ma agli studenti si insegnerà a tirare con l'arco e a sparare con la pistola (ad aria compressa). E in più "percorsi ginnico-militari".

Il perché bisogna insegnare la vita e la Costituzione a uno studente liceale facendolo sparare con una pistola ad aria compressa viene spiegato nella stessa circolare: "Le attività in argomento permettono di avvicinare, in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della scuola alla forze armate, alla protezione civile, alla croce rossa e ai gruppi volontari del soccorso".

Secondo il progetto Gelmini-La Russa, che ha già sollevato perplessità tra i professori che hanno ricevuto la circolare, "la pratica del mondo sportivo militare, veicolata all'interno delle scuole, oltre ad innescare e ad instaurare negli studenti la "conoscenza e l'apprendimento" della legalità, della Costituzione, delle istituzioni e dei principi del diritto internazionale, permette di evidenziare, nel percorso educativo, l'importanza del benessere personale e della collettività attraverso il contrasto al "bullismo" grazie al lavoro di squadra che determina l'aumento dell'autostima individuale ed il senso di appartenenza ad un gruppo".

Seguirà, a fine corso, "una gara pratica tra pattuglie di studenti (il termine è proprio pattuglie, recita la circolare, termine che ha fatto storcere il naso a molti docenti, ndr)". Intanto si è aperto il dibattito: è giusto trasformare la scuola pubblica in un collegio militare? O è solo un'opportunità in più per i ragazzi di avvicinarsi a organismi e istituzioni come protezione civile, esercito e croce rossa?

Fonte: Famiglia Cristiana.it

Argilla: la terra curativa

Ecco un interessante articolo sull'argilla e sulle numerose proprietà di questa terra curativa.

Chi non ha mai sentito parlare dell'argilla? E chi non conosce le maschere all'argilla per farsi belli?

Sicuramente voi tutti saprete di cosa sto parlando. L'argilla, questa polvere di terra che mischiata all'acqua ci dona ... fango! Già, fango che però ha proprietà fenomenali, cosmetiche ma soprattutto terapeutiche. Certo, l'estetica ha la sua importanza, ma sono dell'opinione che se non si sta bene dentro non si può stare bene nemmeno fuori

E quindi mettiamo da parte, almeno per il momento, tutte le qualità cosmetiche proprie dell'argilla e consideriamo invece il suo potere curativo e di prevenzione concentrandoci sulle applicazioni che possono essere d'aiuto ai nostri bambini, ma anche alle donne in dolce attesa e, ovviamente, a noi tutti.

L'argilla non si presenta mai allo stato puro, ma sempre mescolata con dei minerali come ferro, calcio, magnesio, potassio, sodio, ecc. che ne aumentano il potere curativo (e sono proprio loro a donarle le varie tonalità di colore creando l'argilla verde, bianca, rossa).

In genere si utilizza (ed è di più facile reperibilità in tutte le erboristerie e nei negozi di alimentazione naturale) l'argilla verde ventilata ed essiccata al sole. Il processo di ventilazione la carica ulteriormente di energia vitale, mentre l'essicazione al sole e all'aria la arricchisce di energie biocosmiche.

Questa sensazionale terra può essere utilizzata sia per uso interno che per uso esterno e in entrambi i casi le sue proprietà sono principalmente quelle disintossicanti, decongestionanti, rimineralizzanti, antianemiche, disinfettanti, cicatrizzanti, antidolorifiche, antinfiammatorie ...

Ma come funziona l'argilla? E' possibile farne degli impacchi, degli sciacqui o ancora delle bevande. Il suo principio di funzionamento è sempre lo stesso: l'argilla ha la miracolosa capacità di attrarre ed assorbire le tossine e le scorie organiche presenti nel nostro corpo e di cedere una quantità dei minerali in essa contenuta. Insomma, uno scambio perfetto e che a noi porta un gran giovamento!

Proprio per questo motivo non è possibile utilizzare per due volte la stessa argilla e nemmeno utilizzarla per più di 20-30 minuti: dopo questo tempo, infatti, tende ad agire nel modo inverso restituendoci le tossine e le scorie precedentemente assorbite.

Ma vediamo ora qualche modo per utilizzare questa terra dalle mille proprietà.

USO INTERNO:
Un sensibile ed efficace modo per depurare il nostro organismo agendo dall'interno è dato dalla bevanda all'argilla.

Essa è ottima anche contro l'anemia e la demineralizzazione della donna in dolce attesa (e non). Si mette in ammollo per una notte 1 cucchiaino di argilla verde ventilata essiccata al sole (si presenta sotto forma di una polvere impalpabile) in mezzo bicchiere d'acqua (evitando di lasciare il cucchiaino di metallo a contatto con l'argilla). Al mattino, a digiuno, si beve la bevanda lasciando sul fondo del bicchiere il residuo depositato.

Tenere presente che l'argilla, presa in più giorni consecutivi, può portare stitichezza. In questo caso è opportuno diluire l'argilla con più acqua oppure bere subito dopo una tazza di acqua calda.

Questa bevanda è inoltre galattogoga (cioè capace di aumentare la produzione di latte materno). A questa si può abbinare un profumato infuso di semi di finocchio e anice per enfatizzare ulteriormente le sue proprietà.

Attenzione: non utilizzare l'argilla per via orale nei casi di tendenza all'occlusione intestinale, o allo strozzamento di un'ernia. Limitarne l'uso a una volta alla settimana nei casi di ipertensione arteriosa.

USO ESTERNO:
In caso di ferite è possibile utilizzare l'argilla in polvere come se fosse un talco direttamente sul taglio: ne favorisce la rapida cicatrizzazione (molto meglio che il classico cicatrene!).

Si può fare la stessa cosa per la cura dell'ombelico del neonato appena nato: l'argilla aiuterà il piccolo ombelico ad asciugarsi più velocemente evitando allo stesso tempo che si infetti.

In caso di bernoccoli, distorsioni, contusioni e fratture mettere 1 cucchiaio di argilla in un recipiente di vetro o di coccio (o comunque di un materiale inossidabile) con un po' d'acqua fredda; quindi mescolare con un cucchiaio di legno fino a creare una pasta morbida, ma che non cola. L'ideale sarebbe poter aggiungere qualche goccia di tintura madre di arnica.

Spalmare il composto sulla parte interessata, avvolgere il tutto con della pellicola trasparente per alimenti e mantenere l'impacco per 20-30 minuti.

Lo stesso cataplasma, ma questa volta creato con l'acqua calda (ma non bollita), porta giovamento anche nei casi di artrite, artrosi, reumatismi e sciatica e nei dolori alla bassa schiena che si possono presentare nell'ultimo periodo di una gravidanza. O ancora nei casi di dolore alle orecchie posizionando l'impasto direttamente dietro il padiglione auricolare e rinnovando l'impacco circa ogni ora.

Questi impacchi di argilla sono eccezionali anche nei casi di facilità dellinsorgere di ingorghi mammari nel primo periodo di allattamento al seno. Basta spalmare l'impasto sul seno con movimenti circolari evitando di coprire capezzolo ed areola mammaria, quindi "impacchettarsi" con la pellicola trasparente per alimenti facendo il giro sulla schiena.

Ricordarsi di tagliare la pellicola in corrispondenza del capezzolo in modo che possa prendere aria e che sia disponibile in caso il neonato abbia necessità o voglia di una poppata!

Mantenere l'impacco per mezz'ora circa e ripetere per 3-4 volte al giorno o finché l'ingorgo mammario svanisce.

Un'ultima curiosità sull'argilla: una profumata ricetta per fare un bagno contro il raffreddore si ottiene mettendo nella vasca da bagno 1 cucchiaio di argilla verde, 1 cucchiaio di bicarbonato, 1 cucchiaio di miele e 3 gocce di olio essenziale di eucalipto, 2 di timo, 10 di tea tree e 10 di limone.

Nei bambini al di sotto dei 3 anni è bene dimezzare la quantità degli oli essenziali oppure metterli, anziché nella vasca, in un diffusore in modo che i vapori si propaghino nell'ambiente.

Federica Scropetta

Massaggio infantile e svezzamento

Massaggio infantile e svezzamento: strana associazione, penserà qualcuno...

Invece è questa l'occasione per riportare l'attenzione sul famosissimo esperimento condotto da Harry Harlow nel 1958 sulle scimmie Rhesus e da qui far seguire alcune considerazioni.

Harlow era uno psicologo americano che diventò famoso per alcuni esperimenti, condotti peraltro con procedure etiche oggi del tutto discutibili, volti a studiare gli effetti dell'isolamento sociale sulle scimmie.

Il suo più famoso esperimento riguarda la separazione di alcune scimmiette Reshus dalla madre: le scimmiette, chiuse in una gabbia con due sostituti materni, uno di peluche caldo e morbido che però non forniva latte e l'altro freddo e duro, fatto con fil di ferro ma in grado di erogare latte, dimostrarono di preferire il surrogato di madre di peluche quando si sentivano minacciate e avevano bisogno di conforto mentre ricorrevano alla madre di fil di ferro solo per andare a soddisfare i propri bisogni alimentari per poi ritornare subito alla madre morbida.

Venne così dimostrato che la necessità di contatto fisico è un bisogno primario e indipendente da quello relativo al soddisfacimento dei bisogni fisiologici, e che il legame di attaccamento madre-figlio è qualcosa di più che l'esito di un rapporto strumentale finalizzato all'ottenimento di cibo.

Allo stesso modo i neonati degli orfanotrofi si ammalavano e morivano se, pur puliti e nutriti a dovere, venivano lasciati nei loro lettini senza sufficiente contatto e coccole.

In una celebre affermazione Frédrik Leboyer afferma che essere cullati, accarezzati, massaggiati, toccati sono tutti nutrimenti importanti e indispensabili ai bambini come le vitamine, i sali minerali, le proteine,... se non di più.

Sulla base di questi spunti si torna ancora una volta a considerare quanto il gesto dell'offrire cibo e quello dell'offrire protezione, calore e relazione siano intimamente interconnessi e imprescindibili per la crescita del cucciolo d'uomo.

Ogni mamma sa bene che allattare il proprio bambino rappresenta la sintesi sublime di quei gesti di cura e di amore indispensabili alla vita.

E allora vorrei portare la riflessione su un momento critico e importante che caratterizza la relazione madre-figlio nel primo anno di vita: lo svezzamento.

Come noto, si tratta di un passaggio evolutivo di enorme importanza nella crescita del cucciolo che, per quanto condotto in maniera graduale e per alcuni mesi sempre "fiancheggiato" dall'allattamento al seno (nei casi in cui non sia necessario l' allattamento artificiale che implica considerazioni un po' diverse), di fatto avvia un primo processo di separazione o meglio, ridefinizione dell'unità simbiotica madre-figlio.
Nella fase dello svezzamento l'attenzione delle mamme moderne tende a polarizzarsi in maniera evidente sull'aspetto funzionale dell'alimentazione: con quali alimenti comincio, cosa posso introdurre, gli piace/non gli piace, quali quantità, quale cucchiaino...Tantissimi quesiti occupano non solo la mente ma anche il tempo delle mamme.

Accade così che se prima il cucciolo riceveva allattamento al seno e massaggio quotidiano, intorno ai 6-7 mesi, spesso proprio a causa di questi cambiamenti di ordine "operativo" nella relazione madre-figlio, la pratica quotidiana del massaggio tende a cadere un po' in disuso. E invece è proprio in questa fase e soprattutto (ma non solo) con quei piccoli che non manifestano clamorosi entusiasmi di fronte alla prospettiva di sostituire/integrare il seno con il cibo solido, che la pratica quotidiana del massaggio al bambino rappresenta una leva di grandissima efficacia per il sostegno della unità madre-figlio in evoluzione.

Il massaggio infatti, ricreando nello spazio ad esso dedicato quel concentrato di sguardi, contatto, calore, vocalizzi, stimolazione neurosensoriale e soprattutto comunicazione ad altissima intensità, rappresenta una bellissima modalità per modulare i vissuti del bambino e quindi per rilassarlo, contenerlo, rassicurarlo e continuare a nutrirlo sul piano affettivo PROPRIO NEL MOMENTO IN CUI su quello strettamente funzionale della nutrizione fisica si affrontano i necessari cambiamenti evolutivi.

Pertanto quelle mamme che hanno inziato già nei primissimi mesi a massaggiare il piccolo non abbandonino ma intensifichino e/o mantengano viva la pratica nel periodo dello svezzamento e quelle mamme che per tante ragioni non l'hanno fatto prima trovino in questo periodo una motivazione importante per sostenere la crescita.

Daniela Iurilli

martedì 29 giugno 2010

Allattamento al seno: il ruolo del papà

Allattamento al seno: il ruolo del papà

E' un pensiero comune che l'allattamento al seno escluda i neopapà mentre quello al biberon coinvolga i papà. O che per coinvolgere i papà nell'allattamento al seno sia necessario tirarsi il latte per farlo dare al papà con il biberon.

Personalmente li ritengo i soliti luoghi comuni, un po' come dire "l'allattamento sfibra" (come se pulire, sterilizzare, preparare il biberon fosse rilassante!).

I papà hanno un ruolo cruciale nell'allattamento al seno, molto più di quanto possano immaginare.

Un uomo potrà pensare "Ma cosa c'entro io con l'allattamento materno? Mica ho il seno!".
Vero che l'uomo non ha il seno, ma non è nemmeno provvisto di utero e vagina, e pertanto assiste e spesso collabora attivamente al parto della propria compagna!

Prima di tutto i papà possono fornire aiuto pratico.
Aiutare la mamma a trovare una posizione comoda, portarle dei cuscini, porgerle il bimbo dopo che lei si è sistemata in modo confortevole. Sembrano sciocchezze, ma in particolare nel primo periodo dell'allattamento sono attenzioni tutt'altro che trascurabili.

Anche di notte questi gesti sono particolarmente graditi, e possono contribuire a far sentire una mamma meno abbandonata a se stessa in questo compito.

L'incarico fondamentale dei padri però è quello di tornare al ruolo primitivo di "maschio" e cioè quello di proteggere la madre del suo cucciolo (e il suo cucciolo) dall'ambiente circostante.

Così come quando una donna diventa madre spesso scopre il suo lato "animale", nel senso di istintivo, primordiale (basti pensare al parto stesso o ad alcune sensazioni molto forti che si possono provare quando si ha un neonato), anche i neopapà dovrebbero ricordarsi che non sono altro che mammiferi maschi.

Il papà dovrebbe fare quanto possibile per creare un clima sereno e protetto intorno alla neofamiglia, difendendo con le unghie e con i denti (in senso figurato!) il "nido", quindi fare da filtro rispetto alle visite di parenti e amici (che il più delle volte sono fonte di stress), alle telefonate, a tutte le incombenze pratiche che di certo pesano alla propria compagna.

Penso inoltre che la cosa che le mamme chiedano di più al proprio partner sia fiducia: fiducia nella loro capacità di essere madri, fiducia in quello che stanno facendo.

Spesso quando un allattamento ha dei problemi le mamme mi riferiscono che il proprio compagno si è schierato "dalla parte del nemico", che sia il pediatra o la suocera non importa, comunque dalla parte di chi la pensa in maniera opposta, mettendo in discussione le scelte della mamma (magari con argomentazioni banalizzanti tipo "non sei lucida per via della tempesta ormonale" e via dicendo).

Questo non significa che per forza la mamma abbia sempre ragione e gli altri sempre torto, ma vedo che in genere i padri accettano con favore la soluzione apparentemente più semplice.

Sappiamo bene che il cervello maschile è diverso da quello femminile, per cui di fronte a una situazione difficile l'uomo propone soluzioni pratiche e razionali, mentre la donna preferisce il dialogo, l'ascolto e la comprensione.

E' il classico equivoco che fa scaturire le liti nelle coppie: lei ha un problema e ne vuole parlare, parlare e basta, non chiede che qualcuno le trovi la soluzione. Lui invece risponde con proposte e spiegazioni... ed è l'inizio dell'incomprensione!

Nell'allattamento questo si traduce in "Pensi di avere poco latte? Dai un biberon di aggiunta" oppure "Sei affaticata? Smetti di allattare o tirati il latte che ci penso io".
Dal punto di vista pratico questi ragionamenti non fanno una piega, anzi, credo che molti uomini non capiscano come mai una donna che incontra difficoltà nell'allattamento si affanni tanto per trovare una soluzione diversa dal biberon.

Ci sono però dei dettagli tutt'altro che trascurabili.
Il primo e forse più evidente è che il latte artificiale è ancora ben lontano dall'essere equivalente al latte materno (e anche se un lontanissimo giorno lo diventerà, resta sempre il fatto che il latte materno è gratis)
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L'altro è che allattare al seno è una delle fasi del processo riproduttivo che inizia con il concepimento, si evolve nelle gravidanza, sfocia nel parto e si conclude, appunto, con l'allattamento. Quando uno di questi passaggi "salta", è naturale che la maggior parte delle donne si senta in crisi.

Vogliamo rivolgere la situazione al maschile? Mettiamo che il vostro partner non possa avere figli e voi con naturalezza gli diciate "Non preoccuparti, tesoro, ricorrerò al seme di un donatore. Tanto è lo stesso, alla fine il figlio lo cresceremo noi per cui sarà nostro a tutti gli effetti". Certo, è una strada che si può intraprendere, ma non credo che un uomo faccia questa scelta in un battito di ciglia e che sia contento che voi glie lo proponiate con tanta leggerezza! Avrà bisogno di tempo per ponderare e per accettare una procedura che in qualche modo mette in discussione il suo "essere uomo".

Cosa può fare quindi un papà?
Innanzitutto informarsi, possibilmente già durante la gravidanza, non solo sul parto e su come potrà essere di aiuto, ma anche sull'allattamento al seno: come funziona, cosa è "normale", di modo che non si stupirà se quel cuccioletto minuscolo mangerà così spesso o se i suoi ritmi sono irregolari.

In questo modo potrà fare da barriera anche verso i "cattivi consigliatori", cioè quelli che criticano la mamma perché non allatta a orari o perché non dà il biberon di acqua o di camomilla.

Vi assicuro che per una mamma, bersagliata da queste critiche, è di grande sollievo avere l'appoggio del partner!
Nel caso in cui insorgano dei problemi, il ruolo del padre diventa ancora più importante.

Nel 2005 è stato fatto uno studio in Campania su un gruppo di genitori. A tutte le madri venivano forniti consigli sull'allattamento. I padri invece erano stati divisi in due gruppi: un gruppo non riceveva nessuna informazione, l'altro gruppo veniva formato specificatamente sulla gestione dei più comuni problemi dell'allattamento al seno.

I risultati sono stati strabilianti: la differenza tra i due gruppi è stata molto marcata, cioè l'allattamento al seno era molto più diffuso nel gruppo in cui i padri erano stati formati. A titolo di esempio, nel gruppo dove i papà non erano stati formati, le madri che avevano la percezione di avere poco latte erano il 27%, mentre nell'altro gruppo la percentuale scendeva al 9%.

E' chiaro quindi che al giorno d'oggi l'allattamento non è solo "roba da donne", coinvolge gli uomini e hanno una grande responsabilità nella sua riuscita.

Quindi, cari papà, voi non siete esclusi dall'allattamento al seno.

Avete un ruolo importante anche se spesso il vostro lavoro si svolge nell'ombra!

Sara Cosano

Parto: cesareo o naturale decide i batteri del bambino

Il modo in cui si viene al mondo (parto naturale o cesareo) decide quale comunita' di batteri andra' a vivere nel corpo del bambino e quindi il rischio infezioni associato a ciascun metodo per dare alla luce un figlio.

Uno studio pubblicato sulla rivista dell'Accademia Americana delle Scienze 'PNAS' mostra che se il parto è naturale il bebe' sarà 'colonizzato' da batteri simili a quelli presenti nel tratto vaginale della madre; se il parto è con taglio cesareo, invece, il bebe' presentera' batteri diversi, alcuni potenzialmente pericolosi.

Non a caso il taglio cesareo è risultato associato in precedenti studi a maggiore suscettibilita' a certe malattie, hanno spiegato gli autori del lavoro, Elizabeth Costello della Stanford University e Maria Dominguez-Bello dell'Universita' di Porto Rico a San Juan. Quando un bebe' viene al mondo, oltre a mamma e papa', i primi esseri viventi con cui entra in contatto sono proprio i microbi, batteri di vario tipo che vanno a colonizzare le sue mucose e il tratto digerente.

Precedenti studi hanno dimostrato che ciascuno di noi ha un proprio 'corredo' di microbi unico e diverso da quello degli altri; ebbene almeno in parte questo corredo personale dipende dal modo in cui veniamo al mondo.

Studiando 10 bebe' appena nati (con esame di tamponi da pelle, bocca, gola, tratto digerente), gli esperti hanno infatti dimostrato che se il bebe' e' nato di parto naturale il corredo di microbi che porta con se' e' corrispondente a quello del tratto vaginale materno.

Invece se e' nato con taglio cesareo presenta batteri di tutt'altra provenienza, alcuni potenzialmente patogeni come gli Stafilococco, batteri legati alla difterite e all'acne. Il parto cesareo e' stato piu' volte associato a maggiore suscettibilita' a certe malattie come asma e allergie e a certe infezioni: forse il corredo microbico che il bebe' ottiene in eredita' al momento del parto fa la differenza in questo senso.

Fonte: Cybermed.it

giovedì 24 giugno 2010

Come pregare a casa

Affrettatevi, uscita dalla chiesa, ad andare direttamente nella vostra camera, salutate l’icona con alcune prostrazioni chiedendo al Signore di passare devotamente e con utilità per l’anima il tempo che vi si presenta di solitaria permanenza a casa. Bisognerà, quindi, riposare un po’, stando seduti. Non date, tuttavia, la possibilità ai pensieri di distrarsi; pronunciate, bensì, in voi stessa – senza pensare a nulla – le parole: “Signore, pietà! Signore, pietà!”.Dopo esservi riposata un po’, bisognerà fare qualcosa: pregare o dedicarvi a qualche lavoro manuale. Quale? Lo dovrete scegliere voi stessa. Non bisogna sempre occuparsi di cose spirituali, bisogna anche avere qualche occupazione manuale, che non sia causa di preoccupazione. Si deve iniziarla quando l’anima è stanca, affaticata e non è capace né di leggere, né pensare, né di pregare Dio. Se queste occupazioni spirituali, però, procedono bene, si può lasciar perdere il lavoro manuale. Esso è destinato a riempire il tempo che, altrimenti, passerebbe nell’ozio che è sempre dannoso, tanto più nel tempo della preparazione alla comunione.

Come pregare a casa? Avete detto bene: “Bisogna aggiungere qualcosa alla consueta regola di preghiera”. Certo, bisogna. E’ meglio, però, che non aggiungiate la lettura superflua di preghiere, ma preghiate più a lungo senza il libro, manifestando di fronte al Signore le vostre intime necessità spirituali. Leggete mattino e sera non di più dei giorni ordinari, ma prima dell’inizio della vostra preghiera – e dopo – pregate spontaneamente e, negli intervalli tra le preghiere lette, aggiungetene una vostra, prostrandovi profondamente fino a terra e mettendovi in ginocchio. Importunate il Signore, la Madre di Dio e l’angelo custode chiedendo tutto ciò che sentite estremamente necessario per voi nelle parole che rivolgete loro, pregate perché possiate conoscere voi stessa e, in questa conoscenza, sia compreso il desiderio e provvista la forza di correggere tutto ciò che vi è da emendare e ancora che il vostro cuore si riempia di spirito di contrizione e umiltà, nelle quali il sacrificio è più gradito a Dio. Non vi sottoponete, però, ad una regola di preghiera troppo lunga. Meglio mettersi a pregare più spesso e prostrarsi più volte durante il giorno. Si raddoppiano così le prostrazioni nel corso della giornata. Non allontanatevi mai dal Signore con la mente, sia che siate in preghiera, sia che facciate qualche altra cosa.



Teofane il Recluso

giovedì 17 giugno 2010

Non seguite l'inganno dei progressisti!

Sono molto contento che abbiate accolto di cuore ciò che vi ho scritto nella scorsa lettera e siate d’accordo a comportarvi così. Vi aiuti il Signore!

Dio ci ha dato questa vita perché abbiamo il tempo di prepararci a quella dopo la morte. Questa è breve, quella non ha fine. Benché essa sia breve, nel suo corso si possono preparare le provvigioni per tutta l’eternità. Ogni buona azione va lassù, come in un piccolo deposito; da tutti questi depositi si forma un capitale le cui percentuali determineranno il patrimonio del risparmiatore per tutta l’eternità. Chi manda depositi maggiori, avrà il patrimonio maggiore. Il Signore dà a ciascuno secondo le sue opere.

Ecco, di questo dovremmo ora preoccuparci: di mandare là più depositi che sia possibile. E questa cura non è complicata né pesante, come testimonia lo stesso Signore dicendo: «Il mio gioco è dolce e il mio carico è leggero» (Mt 11,30).

Vi ho parlato di questo in rapporto ai pensieri che vi turbano per togliervi dalla vostra pena, quasi viveste tutta la vostra vita senza scopo se continuerete a vivere come vivete. La struttura della vita cristiana è questa: credi in Dio, nella adorata Trinità, in Gesù Cristo Signore, che ci ha salvato, e nella grazia dello Spirito Santo e, partecipando al dinamismo della grazia, i divini sacramenti della santa Chiesa, vivi secondo i comandamenti del Vangelo, animata dalla speranza che Dio, per la nostra piccola opera, secondo la misura delle nostre forze e grazie alla fede nel Signore Salvatore e alla obbedienza verso di lui, non ci priverà del cielo. Vi aggiungo tutto ciò perché vediate in quale spirito dobbiamo operare noi, che siamo cristiani. Altri, infatti, dicono: fai, fai; e altri: credi, credi. E’ necessario l’uno e l’altro: unire la fede con le opere e le opere con la fede.

La nostra attenzione, tuttavia dovrà concentrarsi particolarmente nel compimento dei comandamenti. Sei già credente? Metti in pratica i comandamenti, poiché la fede senza le opere è morta. E ringrazia il Signore, perché gli è gradito determinare il valore delle nostre opere non secondo la loro grandezza, ma secondo le nostre disposizioni interne. Disponiamoci, nella maggior parte dei casi, a compiere le opere secondo la sua volontà, così che, se vi porremo attenzione, potremo operare sempre in modo gradito a Dio. Non c’è bisogno, perciò, di andare al di là del mare – come affermano i progressisti -, ma di guardarsi intorno ogni giorno e ogni ora.Dove vedrai impressi i comandamenti, adempi subito, nella convinzione che questa opera – e non un’altra – esiga da te, in questo momento, Dio stesso.

Operate per radicarvi più profondamente in questa convinzione. Appena sarà radicata, comincerà a scendervi nel cuore la pace propria della convinzione che state servendo il Signore. Questo inizio comprende tutto. Persino quando vi chiederanno di rammendare il calzino del vostro fratello minore – e lo farete in nome dei comandamenti del Signore: ubbidire e aiutare -, questo sarà aggiunto alla somma delle opere gradite a Dio. Sarà così per ogni passo, per ogni parola, per ogni movimento e per ogni sguardo; tutto può diventare un mezzo per vivere secondo la volontà del Signore e perciò, un passo verso l’ultima mèta.

I progressisti hanno preso di mira tutta l’umanità o, per lo meno, tutto il proprio popolo per intero. L’umanità e il popolo, tuttavia, non sussistono come una persona perché si possa far qualcosa per loro, ora. Essi sono composti di singole persone: facendo qualcosa per qualcuno lo facciamo per tutta l’umanità.Se ognuno, senza volgere lo sguardo all’umanità in generale, facesse il possibile per chi ha di fronte, tutti gli uomini, nel complesso, in ogni momento, otterrebbero ciò di cui necessitano tutti i loro bisogni e, soddisfacendoli, compirebbero il bene di tutta l’umanità composta di abbienti e non abbienti, di ricchi e poveri. Si ha, invece, in mente il bene di tutta l’umanità, e poi si disattende chi si ha di fronte e ne vien fuori che non si ha la possibilità di operare universalmente; si disattende ciò che è particolare e così non si fa nulla per lo scopo fondamentale della vita.

A San Pietroburgo mi raccontarono questo episodio. Un gentleman, ad una riunione di questi giovani impegnati per il bene universale – eravamo nel culmine del delirio progressista -, tenne un forte discorso sull’amore verso l’umanità e verso il popolo. Tutti ne rimasero ammirati. Poi fece ritorno a casa. Un uomo che lo serviva, lo indispose poiché non gli aprì la porta subito, poi perché non gli diede subito la candela, poi accadde qualcosa alla canna fumaria, ed era freddo nella stanza… Alla fine, il nostro filantropo non ce la fece più e diede una lavata di capo al servitore. Quello replicò e questo gli diede un colpo al petto. Ed ecco li nostro giovanotto: là si riscaldava d’amore per l’umanità, e qui non riusciva neppure a comportarsi con un uomo come di dovrebbe. E, al tempo del primo scoppio del delirio progressista, delle ragazze, occupate in una tipografia, non di rado lasciavano le loro madri senza un pezzo di pane, mentre tutti sognavano di andare avanti e di lavorare per il bene dell’umanità. La rovina è venuta da un’ampiezza di orizzonti troppo grande. E’ meglio abbassare gli occhi umilmente, guardarsi sotto i piedi e distinguere come e dove volgere il passo seguente. Questo è il cammino più giusto.

Vi ripeto ancora che vi parlo di tutto ciò perché vi rimanga impresso nella memoria, proteggendovi così dall’annebbiamento che portano all’anima i sogni progressisti.

Teofane il Recluso

domenica 16 maggio 2010

Maria nel Corano

Un giorno Zakaria andò a visitare Maryam nella sua cella,
per portarle cibo bevande e insegnamenti, come accadeva ogni
giorno. Era un giorno di inverno e quando entrò trovò di
fronte a lei un piatto pieno di frutti estivi, fichi freschi
e grappoli d’uva, come narrano i sapienti. Zakaria le
chiese da dove provenissero questi frutti e lei rispose:
“Mi sono stati dati da Allah l’Onnipotente”. Zakaria
sapeva che si trattava di un miracolo perché i frutti
erano freschi ma fuori stagione e quindi il sospetto non
penetrò nel suo cuore. Se così non fosse stato, avrebbe
potuto pensare che qualcuno era riuscito di nascosto a fare
una copia della chiave della cella di Maryam e la andava a
visitare quando lui era assente. Per alcuni giorni il
miracolo continuò; ogni volta che Zakaria la andava a
trovare, la incontrava con un piatto di frutta fresca, come
narrato nel Sacro Corano:

“Ogni volta che Zakaria entrava nel santuario trovava cibo
presso di lei. Disse: “O Maria, da dove proviene
questo?”. Disse: ” Da parte di Allah”. In verità
Allah dà a chi vuole senza contare.” (La Famiglia di
Imran, 37).


Queste parole di Maria in arabo recitano più o meno così
“qalat huwa min ‘indi Allahi ‘inna Allaha yarzuqu many
yasha-’u bighayri hisab” . In diverse moschee, queste
parole sono calligrafate o incise intorno al mihrab, la
nicchia dove prega l’imam, per ricordare il miracolo
avvenuto a Maria, “purificata ed eletta tra tutte le donne
del mondo” (La Famiglia di Imran, 42).

Oggetto: Rifletti........e boicotta

Dr.ssa Carla Zoboli
Direzione Prestazioni e Marketing
Azienda Ospedaliera - Policlinico di Modena

SCANDALO - Facciamo qualcosa per impedirlo!
Vi preghiamo di trasmettere questa e-mail a tutte le
donne che potete. Per gli uomini che ricevono questa e-mail, vi
preghiamo
di spedirla ad amiche, ragazze, sorelle, madri, figlie ecc. Grazie!

Controllate le etichette degli assorbenti interni
che volete acquistare, la prossima volta, e controllate se riuscite ad
individuare alcuni dei segni familiari descritti in questa e-mail.

Non meraviglia che tante donne al mondo soffrano di
cancro alla cervice e di tumori all'utero. Sapete che i produttori di
assorbenti interni usano diossina e rayon nei loro prodotti?

Sono sostanze cancerogene e tossiche! Perchè allora gli
assorbenti interni non sono contro la legge? Perchè gli assorbenti
interni non sono un prodotto
alimentare e, dunque, non sono considerati pericolosi o illegali.


ECCO LO SCANDALO:

Gli assorbenti interni contengono due cose che sono

potenzialmente
pericolose: Rayon (per assorbire) e diossina (un prodotto
chimico usato per
sbiancare I prodotti).

A volte contengono anche piccole percentuali di
amianto,
per indurre
nell'organismo femminile una emorragia più intensa
(più
sanguinamento più
assorbenti consumati).

L'industria degli assorbenti interni e' convinta che
noi,
essendo donne,
abbiamo bisogno di prodotti candeggiati, sbiancati
per pensare che il prodotto sia puro e pulito.

Il problema e' che la diossina, che viene prodotta
in tale processo
sbiancante, può apportare gravi danni all'organismo!
La diossina e' stata
associata al cancro da studi clinici, ed e' tossica
per il sistema immunitario e riproduttivo.

E' anche stata associata con endometriosi e basso
numero di spermatozoi per gli uomini.

Lo scorso settembre, l'Agenzia di Protezione
Ambientale EPA ha reso noto
che non esiste un livello 'accettabile' di
esposizione alla diossina, visto
che e' cumulativa e lenta a disintegrarsi.

Il pericolo reale viene dal contatto ripetuto (Karen
Couppert 'Pulling the
Plug on the Tampon Industry') Io direi che usare circa 3-4
assorbenti interni al giorno, per cin que giorni al mese, per 38
anni e' un 'contatto ripetuto'. Non pensate anche voi?
Il Raion contribuisce invece ai pericoli creati da
assorbenti interni e
dalla diossina perche' e' una sostanza altamente
assorbente. Perciò, quando
fibre degli assorbenti interni restano nel collo dell'utero
(come di solito accade), ciò crea un
serbatoio' di diossina nel corpo. Tra l'altro, resta
all'interno molto più a lungo di quanto rimarrebbe con
assorbenti interni
fatti solo di cotone, perchè il rayon è più leggero
e tende ad attaccarsi.
Questo e' anche il motivo per il quale la TSS
(Sindrome da Shock Tossico)
può colpire donne che usano assorbenti interni (come
potete leggere dal
foglio informativo di TUTTI gli assorbenti interni
in commercio).

QUALI SONO LE ALTERNATIVE?

Usare assorbenti esterni, o prodotti non sbiancati e
fatti completamente di cotone.

Anche altri prodotti d'igiene femminile (assorbenti
esterni/fazzoletti)
contengono diossina, ma non sono tanto pericolosi
quanto
gli assorbenti interni. Sfortunatamente, prodotti
non sbiancati e in cotone
si trovano quasi solo in negozi di 'prodotti
biologici' (quindi sono più cari).

Nel 1989, degli attivisti inglesi organizzarono una
campagna contro lo
sbiancamento attuato con cloro. Sei settimane e
50000
lettere dopo, i
produttori di diversi prodotti sanitari passarono
all'ossigeno
(uno dei metodi Verdi disponibili - MS magazine,
May/June
1995)

COSA FARE ORA: Ditelo alla gente. A tutti.
Informateli. Questa industria ci sta danneggiando,
facciamo
qualcosa per
impedirlo! Se avete tempo, scrivete una lettera alle
società Tampax -
Playtex - O.B -Kotex. Sulle scatole c'è sempre un
recapito.

Fate loro sapere che esigiamo un prodotto sicuro:
assorbenti interni
COMPLETAMENTE DI COTONE NON SBIANCATO.


PROMEMORIA:

Per non perdere l'impatto di questa e mail,
PREGHIAMO
chiunque voglia
spedirla ai propri amici, di copiarla e poi passarla
su un
NUOVO messaggio.
In questo modo, non potrà distorcere il messaggio a
causa
delle varie frecce
che appaiono nelle e-mail inoltrate. Vi preghiamo di
farlo
con
considerazione e serietà . Grazie.



Dr.ssa Carla Zoboli
Direzione Prestazioni e Marketing
Azienda Ospedaliera - Policlinico di Modena

profumo di rosa

Una hurì [una delle famose fanciulle del paradiso Coranico promesse in premio ai beati] sotto una pergola del Giardino del Cielo disse fremente:

“Nessuno mi ha mai parlato di quel che c’è sotto le stelle!

Non comprendo che cosa sia l’alba, che cosa il tramonto, che siano il giorno e la notte

e quel che dicono Nascita e quel che chiamano Morte, mi dan stupore strano alla mente!”

Così si fece onda d’aromi e alitò da un cespo di rose, scese dal cielo su questa terra fatta d’oggi e di ieri

Aprì gli occhi e si fece bocciolo; e sorrise un istante, e fu rosa e, foglia a foglia, lenta si sfece sopra la terra

E quando rivolò nel cielo, libera il pede dai ceppi, ne rimase, ricordo, un sospiro. E l’hanno chiamato profumo di rosa.

Mohammed Iqbal

venerdì 7 maggio 2010

Latte materno: toccasana anche per la mamma

Che allattare al seno avesse vantaggi per il neonato è già noto da tempo, ma dall'America arriva ora la scoperta che l'allattamento è utile non solo per la salute delle mamme, ma anche per la loro linea.

Non solo diffusione di amore direttamente dal cuore quindi, ma anche benessere fisico sia per chi lo riceve sia per chi lo dà!

Ebbene sì, allattare pare riduca davvero il girovita delle mamme: le donne che hanno la possibilità di farlo hanno, infatti, ridotto notevolmente la quantità di grasso addominale. E non solo nei mesi delle poppate, ma anche dopo molti anni.

Lo studio è stato presentato a un convegno dell'American Heart Association per la salute cardiovascolare a San Francisco, e ha messo in luce che le donne di mezza età che avevano allattato i loro figli costantemente al seno hanno davvero un vitino da vespa - in media di 6.6 centimetri minore rispetto a quelle che ricorrono a latte artificiale.

La spesa extra di calorie dovuta all'allattamento al seno aiuterebbe le mamme non solo a tenersi in linea ma a mantenersi in salute prevenendo malattie quali il diabete e disfunzioni cardiache.

La ricerca ha infatti ribadito non solo i benefici del latte materno per i neonati già assodati - diminuzione del rischio di infezioni dell'orecchio, asma, problemi di stomaco, malattie respiratorie, allergie della pelle, diabete e sindrome della morte improvvisa del lattante - ma ha anche dimostrato i benefici sulla salute delle mamme: l'allattamento al seno potrebbe infatti ridurre il rischio di contrarre il diabete di tipo 2, cancro al seno, il cancro alle ovaie, malattie cardiache, la depressione post parto e appunto la sindrome metabolica. Si crede che sia proprio il fatto di allattare al seno a contribuire a perdere grasso addominale, riducendo così il rischio di malattie cardiache.

Lo studio è stato condotto su 351 donne che avevano già partecipato a una precedente indagine del Women's Health Across the Nation Heart Study, condotto dal 2001 al 2003, che aveva svelato come la spesa extra di calorie di cui sopra permettesse di perdere i chili in eccesso accumulati in gravidanza: sarebbe questo ad avere effetti positivi sui livelli di zuccheri nel sangue, sulla massa grassa corporea e sulla distribuzione del grasso nel corpo, riducendo nettamente la possibilità di malattie legate, appunto, all'accumulo di grassi.

Il latte materno quindi non solo è fondamentale per i bimbi - tanto più che la stessa Organizzazione mondiale della sanità definisce "l'allattamento materno come il modo migliore per nutrire il bimbo e assicurargli tutto ciò di cui ha bisogno per crescere sano" - ma è davvero prezioso anche per le donne.

Si ricordi inoltre che il latte materno da solo è sufficiente al bimbo, senza l'aggiunta di altri liquidi o alimenti fino allo svezzamento: è dissetante come l'acqua, calmante molto più della camomilla, digestivo molto più del finocchio.

Quindi, in poche parole, è l'unica cosa da dare al bambino, per far crescere sano lui e mantenere in salute e in linea la mamma!

Fonte:
Wellme.it


Homeschooling: boom dell'istruzione a domicilio

Si chiama "homeschooling" la risposta familiare alla scuola, diffusa in tutto il mondo e ora sempre più frequente anche in Italia.

Si tratta della cosiddetta istruzione a domicilio, fuori dalle strutture scolastiche. A impartire le lezioni ai bambini sono dunque i genitori, oppure istitutori privati, come si faceva una volta.

Questa tendenza, proibita in Paesi come la Germania, è ormai un'abitudine in Australia, Canada, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Gran Bretagna, se si pensa che negli Usa sono ormai 2 milioni i bambini che studiano con i genitori, 20 mila in Inghilterra e almeno 3 mila in Francia.

Ora anche l'Italia sta seguendo l'esempio mondiale: nel nostro Paese - rileva un'inchiesta del quotidiano la Repubblica seguita da Paola Coppola - sono quasi 200 i casi di "istruzione parentale" rilevati, secondo i dati della Rete italiana scuola famigliare.

Sono centinaia le mamme che fanno lezione ai loro figli e si scambiano consiglio sul web. Altrettante le famiglie che si confrontano ormai da tempo sulle novità in merito a questa nuova "moda", che può essere considerata forse un campanello d'allarme per l'istruzione del nostro Paese. In altre parole, la scuola è in crisi e i genitori preferiscono istruire i propri figli in casa.

"La scuola non è obbligatoria, l'istruzione sì", spiega chi ha deciso di compiere questa scelta, prevista dalla Costituzione e dalle leggi. Questi genitori ritengono, infatti, sia un'opzione che tiene lontani i bambini dal bullismo e offre loro il meglio, allontanandoli da una scuola noiosa e standardizzata.

Una decisione discutibile, invece, secondo Sandra Chistolini, ordinario di pedagogia all'Università Roma 3 , secondo la quale "la diffusione dell'educazione parentale priva i ragazzi del contesto sociale" offerto dalla scuola.

"La scuola pubblica per l'Italia è stata un'importante conquista sociale, la diffusione di quella parentale disperde questo patrimonio", sottolinea la docente Chistolini, che avverte "da noi questo tipo di istruzione non è gestita dall'autorità didattica come in altri paesi, non c'è controllo".

Fonte:
Blitz Quotidiano.it


Utile supporto o aggeggio malefico?

Il tiralatte (detto anche mastosuttore) è un apparecchio che serve a estrarre il latte dal seno di una madre.

Ne esistono di vari tipi: ognuno è indicato per particolari esigenze e non è indicato per altre.

Nella maggior parte delle "liste di nascita" (quegli elenchi di oggetti "indispensabili" per le future mamme) è indicato anche il tiralatte, come se non si potesse farne a meno. In realtà consigliare a tutte le mamme in maniera indiscriminata il tiralatte è più che altro un modo per farvi spendere soldi inutilmente (eh, già, l'allattamento ha il difetto che non vi obbliga a spendere soldi, e quindi bisogna trovare qualche altra maniera per farvi mettere mano al portafoglio!).

Innanzitutto esiste la spremitura manuale del seno, per la quale vi bastano le vostre mani e nulla più. E' molto importante che ogni donna sappia spremersi manualmente il latte, dato che situazioni di "emergenza" possono capitare in qualunque momento dell'allattamento (ad esempio, un seno troppo pieno che provoca fastidio o dolore, causato dal fatto che il vostro bambino sta facendo una pausa più lunga del solito tra le poppate).

In fondo all'articolo potete trovare i riferimenti per capire come si esegue la spremitura manuale.

Le ragioni per cui può servire un tiralatte sono essenzialmente tre:

-
somministrare latte materno a un bambino quando non può farlo direttamente la madre dal seno (separazione madre - bambino, ad esempio per motivi di salute di uno dei due o per il rientro a lavoro della madre).

-
aumento e/o mantenimento della produzione di latte (bambino prematuro, ricoverato, con difficoltà ad attaccarsi al seno, stimolazione supplementare del seno se la produzione di latte è inadeguata, rilattazione o allattamento di bambino adottivo, mantenimento della produzione se la madre non può allattare per un periodo a causa di farmaci controindicati).

-
drenaggio del seno (nel caso in cui, come dall'esempio della spremitura manuale, il seno è troppo pieno e oltre a far male può rendere difficoltoso l'attacco per il bambino, quindi anche nel caso di ingorgo o mastite).

Si tratta di utilizzi del tiralatte molto diversi che, come vedete dagli esempi, possono essere occasionali o che durano per più tempo.

Per questa ragione esistono diversi modelli di tiralatte:

-
Tiralatte manuale: è economico ed è l'ideale per un uso saltuario, ad esempio per crearsi una piccola scorta di latte se la mamma si deve assentare o per alleviare un seno troppo pieno.

-
Tiralatte mini-elettrico: si può noleggiare in una farmacia o acquistare, è di dimensioni contenute e spesso funziona a batterie. E' ideale per un uso più intenso rispetto al tiralatte manuale, ad esempio quando è necessario tirarsi il latte più volte al giorno.

-
Tiralatte elettrico: si trova solo a noleggio ed è grande come una valigetta (è un modello professionale) e i migliori hanno un doppio attacco, cioè si può estrarre contemporaneamente il latte dai due seni. Questo, oltre a ridurre i tempi, porta a un'efficacia maggiore. E' particolarmente indicato nei casi in cui bisogna usare molto spesso e per periodi più lunghi il tiralatte, ad esempio per aumentare la produzione di latte o per mantenerla in caso di separazione madre - bambino.

Come detto in altri articoli, il tiralatte non è il vostro bambino quindi non sarà efficace quanto lui nell'estrarre il latte. Alcune madri infatti, pur avendo una produzione di latte adeguata, non riescono a estrarne un grammo con il tiralatte.

Con il tiralatte inoltre, per il fatto che possiamo osservare direttamente il latte che esce, ci sentiamo "sotto esame" e aumenta il livello di stress: questo inibisce l'ossitocina, l'ormone che permette al latte di uscire. Questa è la ragione per cui alcune madri pensano di non avere latte a sufficienza, proprio perché facendo la "prova del tiralatte" non ne vedono uscire.

Alcuni accorgimenti possono favorire l'estrazione del latte, sia con il tiralatte sia con la spremitura manuale.

- Rilassarsi nella maniera preferita (musica, tisana, doccia o bagno caldo eccetera).

- Tenere vicino a sé il bambino o, se non è possibile, una sua fotografia.

- Massaggiare delicatamente il seno prima e durante la spremitura.

- Rigirare il capezzolo tra le dita per favorire il rilascio di ossitocina prima della spremitura.

Se dovete tirarvi il latte perché non potete stare con il vostro bambino, dovreste cercare di riprodurre il più possibile il ritmo delle poppate, quindi almeno ogni 2-3 ore e possibilmente qualche volta anche di notte (la stimolazione del seno durante le ore notturne è molto efficace per la produzione di latte).

Se dovete aumentare la produzione di latte perché è realmente scarsa, il metodo più efficace è attaccare più spesso il vostro bambino (almeno 8-10 volte nelle 24 ore) ma se questo non fosse possibile allora potrete utilizzare anche il tiralatte negli intervalli tra le poppate e in particolare quando presumete che il vostro bambino farà una pausa relativamente lunga tra le poppate.

Ovviamente nel caso in cui abbiate la necessità di drenare il seno, lo farete quando ne sentirete la necessità, molto probabilmente prima della poppata per ammorbidire il seno e rendere più agevole l'attacco, e subito dopo nel caso in cui sentiate il seno ancora troppo pieno.

Un equivoco che spesso si crea sull'uso del tiralatte è la durata dell'applicazione. Specialmente quando si desidera aumentare la produzione di latte molte volte le madri utilizzano il tiralatte per tempi lunghissimi nella speranza di far uscire più latte. Il risultato più comune invece è quello di provocare dolore al seno e di non vedere uscire una goccia di latte, aumentando la sfiducia nella propria capacità di produrre latte.

E' sufficiente utilizzare il tiralatte circa 15 minuti per seno alla volta, tempi più lunghi non favoriranno la produzione. Sono infinitamente più efficaci quattro sessioni distanziate da 15 minuti l'una (per parte) che non un'unica sessione da un'ora (per parte).

Ovviamente con un tiralatte doppio i tempi si dimezzano perché utilizzerete il tiralatte per 15 minuti alla volta in totale, visto che si attacca in contemporanea ai due seni, e non quindi per mezz'ora in totale (15 minuti per parte).

L'indicazione sulla durata della sessione di tiraggio andrà adattata alla situazione: se la madre ha il seno troppo pieno e desidera "alleggerirlo" e dopo 15 minuti il seno è ancora molto pieno e continua a uscire abbondante latte, potrà prolungare un po' la sessione. Se invece dopo pochi minuti il seno è già più soffice potrà interrompersi (anche perché una stimolazione maggiore darebbe al cervello il messaggio di produrre ancor più latte).

In particolare per aumentare la produzione di latte, è utile cambiare spesso seno se non si usa il tiralatte doppio (si tira il latte fino a quando non ne esce più o quasi, si passa all'altro seno, quando anche da questo non esce più si ripassa al primo e così via fino ad arrivare a circa 30 minuti in totale tra i due seni).

Anche se non si vede uscire il latte, la stimolazione c'è comunque e, per i motivi esposti prima, il vostro bambino beneficerà comunque di questa maggior stimolazione dato che lui riuscirà a estrarre il latte che non avete visto uscire con il tiralatte. E' anche molto efficace tirarsi il latte da un seno mentre il bambino poppa dall'altro.

Se dovete usare il tiralatte in modo continuativo, vi conviene rivolgervi a una persona esperta per creare un vero e proprio piano basato sul motivo per cui dovete tirarvi il latte e in base alle vostre esigenze.

In tutti gli altri casi è un oggetto che si può tranquillamente evitare di acquistare o che eventualmente potete noleggiare a prezzi molto contenuti.

Un'ultima nota: in molti cataloghi di prodotti per la puericultura il tiralatte viene proposto come simbolo di "libertà" per la madre che allatta al seno, per cui trovate frasi come "allattare può essere difficoltoso e costringe a restare in casa, la soluzione è il tiralatte" oppure "tiratevi il latte per condividere con il papà la meravigliosa esperienza dell'allattamento".

Trovo queste affermazioni alquanto discutibili e come sempre sono un pretesto per farvi comprare oggetti il più delle volte inutili. A parte che allattare al seno non significa assolutamente doversi barricare in casa, non è così vero che tirare i latte "allevia" il lavoro della mamma che allatta, anzi, semmai ne crea di più: dovete trovare il tempo per tirarvi il latte, conservarlo correttamente (ne parleremo la prossima volta), sterilizzare tutto quello che viene a contatto con il latte (parti del tiralatte, contenitori ecc...). Insomma, se la mamma non deve per forza assentarsi per qualche motivo e quindi non ha alternative, personalmente non la trovo una gran "libertà"... così come mi sembra assurdo voler per forza "condividere" l'allattamento con il papà. Un conto è se per cause di forza maggiore il papà debba somministrare il latte al bambino, ma farlo di proposito trovo sia una gran complicazione.

da www.bambinonaturale.it

La vita si alimenta con la vita

Quest'argomento potrebbe risultare apparentemente estraneo al mondo dei bambini, ma in realtà interessa noi tutti, grandi e piccoli, per salvaguardare e mantenere un buon stato di salute fisica ed energetica.

Vi parlo ancora una volta della potenza della Natura... Vi parlo della magia che si crea partendo da un semplicissimo seme a cui vengono aggiunti ingredienti vitali come l'acqua, la luce, l'ossigeno e il tepore dei primi raggi del sole primaverile. Pochi ingredienti capaci di creare un cibo perfetto, ricco di Vita e di sostanze preziose al nostro corpo. Vi parlo dei germogli...

L'idea che da un seme anche di piccole dimensioni e apparentemente privo di vita possa nascere una pianta, dovrebbe farci pensare a quanto è potente la Natura e a quante cose essa è disposta ad offrirci per rendere più salutare e migliore la nostra vita...

I germogli sono la prima fase della nascita di una pianta ed è proprio in questa fase che si concentrano le sostanze più preziose per il nostro organismo. Dai germogli sarebbe dovuta nascere una nuova pianta e quella forza e quell'energia, necessarie a farla nascere e crescere, nutrono il corpo e lo spirito di chi se ne ciba. L'energia potenziale presente nel seme si libera al momento della germinazione e si trasforma in energia effettiva, rappresentata dal germoglio stesso che diventa così l'alimento più "vivo" che si possa immaginare e che più di ogni altro cibo rende omaggio alla massima che governa ogni sano regime alimentare secondo cui "la Vita si alimenta con la Vita"...

Il punto di partenza del germoglio è quindi il seme. Questo piccolo chicco che ai nostri occhi sembra privo di vita, in realtà custodisce amorevolmente un prezioso bagaglio di informazioni genetiche e sostanze nutritive che verrà utilizzato nel momento giusto (e nelle condizioni giuste) per generare una nuova vita. Di tutto il seme, la parte responsabile della germinazione è chiamata germe e rappresenta solo il 3% del seme intero, ma è la parte più ricca di sostanze nutritive come enzimi, proteine, vitamine, sali minerali, vitamina E (e che, ahimè, è proprio la parte che viene eliminata nel processo di raffinazione dei cereali...).

Ma perché è importante introdurre nella nostra alimentazione i germogli? Solo il processo della germinazione ci permette di mangiare i semi nel loro stato crudo fornendo al nostro corpo un alimento ricco, vitale e nutriente. La preziosa vita interna del seme viene assimilata dal nostro organismo solo tramite i germogli dei semi stessi.

Durante la germinazione accade un vero e proprio "risveglio biologico": le proteine raddoppiano e diventano più assimilabili dal corpo in quanto predigerite dagli enzimi (e ciò rende il germoglio un alimento sano e ad alta digeribilità capace di nutrire mente e corpo); aumentano le vitamine rispetto la pianta adulta (la vitamina C, ad esempio, può aumentare del 600%) e tra i vari tipi di vitamine vi è presente anche la B12 (rarissima nel mondo vegetale e quindi di fondamentale importanza nelle diete vegetariane e ancor più in quelle vegane dove non si introduce alcun alimento di origine animale) che può crescere dal 200 al 700%. Inoltre il germoglio è un'ottima fonte di sali minerali (come calcio, ferro, fosforo e magnesio) e di oligoelementi (zinco e selenio) facilmente assimilabili.

È davvero facile ottenere dei germogli nelle nostre cucine. In commercio esistono i "germogliatori" in plastica o in terracotta composti da più piani di vaschette tonde o quadrate sovrapposte tra loro il cui fondo pieno di buchini permette all'acqua che si utilizza per innaffiare i chicchi, di passare di piano in piano e bagnare i semi sistemati in ogni vaschetta. Questo sistema permette di far germogliare più specie di semi diversi nello stesso momento, ma se vogliamo risparmiare e avere comunque degli ottimi e squisiti germogli, basterà fornirsi di semplici recipienti in vetro, un retina di nylon ed un elastico.

Prima di tutto è importante scegliere la specie del seme: un cereale (riso, orzo, miglio, avena, segale, quinoa, grano saraceno,...), un legume (ceci, lenticchie, soia, fagioli, azuki,...), semi oleaginosi (sesamo, girasole, zucca, lino,...) oppure semi come fieno greco, barbabietola rossa, senape, alfa-alfa, crescione, rucola...

I semi devono essere di origine biologica e accuratamente selezionati scartando quelli imperfetti o rotti che non germogliano; quindi si sciacquano e si immergono in acqua per una notte in una ciotola di vetro.

Al mattino si noterà che i chicchi hanno iniziato a gonfiarsi e la pelle a spaccarsi: è l'inizio della germinazione. Si sistema una retina in nylon fermata con un elastico sul collo del recipiente quindi si scola l'acqua (inoltre in questo modo l'aria può circolare e i semi possono respirare).

Sciacquare per un paio di volte i semi quindi lasciarli alla luce e senza acqua. Ricordarsi di sciacquare i chicchi per 2-3 volte al giorno. Al secondo-terzo giorno si inizieranno a vedere i primi germogli: i semi sviluppano una piccola radice e un fusticino più o meno lungo a seconda del seme scelto. Al quarto giorno circa (dipende sempre dalla specie del seme) i germogli sono pronti, ma prima di cibarsene sarebbe meglio metterli alla luce diretta del sole per un paio di ore in modo che si sviluppino le foglioline verdi che arricchiscono i germogli della preziosa clorofilla.

Il prossimo ed ultimo procedimento è la raccolta: in genere si può dire che i germogli dei cereali raggiungano una lunghezza di circa 1-3 cm, mentre quelli dei legumi arrivano anche a 3-6 cm. Si tolgono dal recipiente e si puliscono dai tegumenti (la pellicina esterna) dei semi ormai vuoti immergendoli in una ciotola piena di acqua e muovendoli con le mani per staccarli dal germoglio. È però possibile (a chi piace) consumare il germoglio con tutto il tegumento in quanto ricco di fibre.

I germogli possono essere consumati da soli a crudo e conditi con gomasio e tamari (o con olio e sale), o aggiunti nelle insalate, nelle minestre, nei risotti, nello yogurt, con cereali, nelle paste,... Essi si conservano in frigorifero in un vaso di vetro (che evita la formazione delle muffe) con chiusura ermetica per circa 1 settimana.

Alcune precisazioni: tutti i semi possono esser utilizzati per fare i germogli, tranne quelli del pomodoro, delle melanzane e del peperone perché contengono sostanze tossiche (gli alcaloidi) per il nostro organismo se assunte in elevate quantità. Ricordo inoltre che bisogna scottare i germogli dei legumi in una padella con poco olio extra-vergine d'oliva prima di mangiarli per eliminare le sostanze nocive.

Utilizzare regolarmente germogli nella propria alimentazione dona al corpo vigore e nuova energia per fabbricare cellule sane. Essi inoltre ritardano il processo di invecchiamento (contengono ormoni maschili e femminili facilmente assimilabili e quindi risultano ottimi per le donne in menopausa); hanno proprietà antiinfiammatorie e rafforzanti per l'organismo; sono efficaci contro stress, stanchezza, caduta dei capelli e fragilità delle unghie. I germogli di frumento sono consigliati nei casi di demineralizzazione, anemia, debolezza, gravidanza ed allattamento.

Essendo ricchi di enzimi, proteine vegetali di ottima qualità e di vitamine, sono consigliatissimi sia per le donne in dolce attesa, che per le donne che allattano (e che spesso presentano stanchezza), ma anche per i piccoli bimbi già svezzati che troveranno in questo prezioso cibo una sana carica di energia e di vitalità.

Federica Scropetta


mercoledì 24 marzo 2010

Proprietà del timo

Quest'anno l'inverno sembra non volersene andare e lasciar spazio ai primi caldi primaverili: neve e vento hanno invaso non molti giorni fa gran parte delle regioni italiane. E tra sbalzi di temperatura e correnti d'aria, non si è ancora al sicuro da influenze e raffreddamenti.

In questi giorni mi è capitato più volte di sentire mamme costrette nelle proprie abitazioni a causa della forte tosse dei loro bimbi. Purtroppo la tosse è un sintomo piuttosto comune in età pediatrica e si può presentare in vari modi e in momenti diversi della giornata.

Quindi vediamo come possiamo aiutare i nostri piccoli (ma anche il resto della famiglia) con semplici e sani accorgimenti.

Per prima cosa è necessario umidificare l'aria della casa, ma soprattutto della stanza del bambino (o dove è sua abitudine dormire) in modo da non rendere secca l'aria respirabile che potrebbe irritare ulteriormente le mucose respiratorie. Basterà sistemare sui caloriferi dei piccoli recipienti pieni d'acqua e, se il bambino ha già raggiunto l'età dei 2 anni, sarà possibile aggiungere alcune gocce di olio essenziale al timo, eucalipto e menta capaci di donare un tocco balsamico all'ambiente. Evitiamo però di utilizzare gli oli essenziali di notte e nelle camere da letto.

In aggiunta all'umidificazione dell'aria della casa, è utile far fare al piccolo un suffumigio servendosi di una bacinella di acqua calda e qualche goccia di olio essenziale di timo (Thymus vulgaris) e fargli respirare profondamente quei profumatissimi vapori. Mettere un asciugamano sopra la testa sarebbe ancora più utile, ma potrebbe risultare un'impresa piuttosto ardua per i bambini! È possibile rendere i fumi ancora più gradevoli aggiungendo dell'olio di lavanda o di limone.

Anche il massaggio può tornare utile: accarezzare il piccolo corpicino del nostro bimbo lo allevierà dai fastidiosi colpi di tosse e lo aiuterà a tranquillizzarsi ricordandosi che al suo fianco ci sono mamma e papà che si prendono cura di lui in modo affettuoso ed amorevole. Inoltre il semplice tocco delle mani dei genitori ha effetti benefici anche sul sistema nervoso centrale del bambino ed è un ottimo metodo per rafforzare il legame affettivo con i propri figli.

Il massaggio può essere fatto con prodotti balsamici che noi tutti possiamo facilmente creare in casa con le nostre mani, senza essere costretti a spendere un sacco di soldi nelle farmacie! È sufficiente un semplice olio di mandorle dolci (o ancor meglio dell'olio di jojoba, ma è più costoso) a cui si aggiungono un paio di gocce di olio essenziale di timo che, grazie alle sue proprietà antisettiche, toniche e antiparassitarie, è consigliato in tutte le malattie delle vie respiratorie in quanto è un forte battericida. Il massaggio andrà fatto sulla zona del petto e della schiena alta, nonché sulla zona della gola.

Per i più piccini (sotto l'anno di età) è sconsigliabile eccedere nell'utilizzo degli oli essenziali (anche se naturali) in quanto sono un puro concentrato di piante e risultano essere troppo invasivi ed irritanti. Invece di massaggiare il corpo del piccolo, limitiamoci ad accarezzargli le piante dei piedini, sempre con dell'olio di mandorle e una goccia di olio essenziale di timo.

Massaggiare i piedi potrebbe non avere alcun senso e nessun nesso logico con la tosse, ma non è così! La riflessologia plantare, infatti, ci insegna che tutti gli organi e tutti i sistemi del nostro organismo sono "riflessi" sulla pianta dei nostri piedi con una specifica posizione ricreando su questa zona del corpo piuttosto limitata una mappa esatta di tutto il corpo. Senza entrare nei particolari di questa affascinante pratica, possiamo coccolare i piccoli piedini portando l'attenzione alla zona compresa tra alluce e melluce (il secondo dito del piede) e su tutta la parte superiore della pianta del piede.

Un altro semplice modo per liberare i polmoni e le vie respiratorie è quello di mettere alcune gocce di olio essenziale di timo su un fazzoletto di stoffa e ... inalare a volontà!

Gli oli essenziali che si utilizzano devono assolutamente essere di ottima qualità e quindi naturali e preferibilmente da agricoltura biologica, senza aggiunta di conservanti, coloranti e sostanze sintetiche. Questi oli, essendo ricavati con procedimenti particolari direttamente dalla pianta, avranno un certo prezzo (ma comunque accessibile): diffidiamo quindi dai "falsi" oli (che sono per lo più sintetici e creati in laboratorio) che riempono gli scaffali di supermercati e grandi magazzini e che costano pochi euro.

Ricordiamoci che gli oli essenziali entrano nel nostro organismo (e in quello dei nostri piccoli) sia tramite la pelle che per inalazione... Respiriamo quindi prodotti sani e benefici per la nostra salute!

Riguardo l'olio essenziale di timo ricordo che esso non deve assolutamente essere utilizzato puro direttamente sulla pelle, ma sempre diluito con un olio vegetale. Non può inoltre essere utilizzato in caso di tendenze epilettiche, di iperfunzionalità tiroidea e in gravidanza.


Federica Scropetta

mercoledì 10 marzo 2010

A proposito di donne: la mano di Fatima

Chiamato “hamsa”, o “khamsa” questo amuleto a forma di palmo aperto è considerato una potente protezione contro le malvagità, il malocchio, la gelosia ed i cattivi pensieri in tutto il territorio del nord Africa e di parte del Medio Oriente.
La parola “Hamsa” (o khamsa) significa “cinque”, che nella religione musulmana ed ebraica riveste un valore sacro: cinque sono infatti i sacri libri della Torah, e ricorda anche la quinta lettera dell'alfabeto ebraico : “Heh”, uno dei nomi sacri di Dio; per i Sunniti rappresenta i cinque pilastri della fede, mentre gli Sciiti vi riconoscono l'autorità dei “cinque uomini con il turbante”, figure religiose inviate direttamente dal Profeta.
La definizione di “Mano di Fatima” è stata assunta per commemorare Fatima, la figlia del Profeta Maometto andata in sposa ad Ali, nipote del padre. A lei sono stati riconosciuti molti miracoli: si racconta infatti che quando si recava a pregare nel deserto, la sua fede era talmente forte e potente da riuscire a far piovere, facendo sbocciare nella sabbia del deserto una gran moltitudine di splendidi fiori.La leggenda racconta che una sera Fatima stava preparando la cena, quando vide rientrare il marito, di cui era perdutamente innamorata, con una concubina (la religione islamica permette la poligamia maschile, e l'uomo si può sposare fino a quattro volte). Profondamente amareggiata dall'arrivo di questa donna Fatima non si accorse di aver lasciato cadere il cucchiaio di legno con cui stava cuocendo il semolino, e continuò a mescolare la cena con la mano, senza sentire dolore. Il dolore che provava nel cuore era talmente forte da non farle sentire il bruciore alla mano.
Arrivò il marito, che la trovò in quello stato e quando le chiese “Fatima, cosa stai facendo ?”, lei si riscosse in quel momento, accorgendosi solo allora della bruciatura e del forte dolore alla mano.
Ali si prese cura di lei, ma poi le disse che avrebbe passato la notte con la nuova sposa.
Fatima accettò la volontà del marito, ma quando egli si recò nella camera con la concubina, Fatima li spiò da una fessura tra le assi di legno della parete della camera. Si dice che quando vide Ali baciare la nuova moglie, una lacrima uscì dagli occhi di Fatima, per andarsi ad appoggiare sulla spalla di Ali, facendogli capire l'amore che la moglie provava per lui, e convincendolo a rinunciare alla nuova concubina.
Da questa leggenda le giovani donne arabe ed islamiche traggono l'importante simbolgia che accompagna il pendente dedicato a Fatima: le donne che lo indossano, infatti riceveranno il dono della pazienza, che porterà loro gioia, fortuna e ricchezza.
Molte sono le culture in cui il pendente “Mano di Fatima” viene indossato o regalato come portafortuna, ma anche per ricordare a chi la indossa che la fede in Dio va espressa attraverso tutti e cinque i sensi; spesso le ricche decorazioni presenti sul pendente vengono completate con il disegno di un occhio centrale, per alcuni l'occhio di Dio che vigila sui fedeli, per altri un potente talismano che allontana il malocchio.
Si dice inoltre che la “Mano di Fatima”, per donare gioia, pace e prosperità, possa essere indossata sia con la punta delle dita rivolta verso il basso sia con la punta rivolta verso l'alto. In realtà la “Mano di Fatima” indossata con la punta verso l'alto è considerata un potentissimo talismano e significa che ci si sta proteggendo da influssi negativi, gelosie o malocchio.
Il pendente “Mano di Fatima” creato solo in Argento (il metallo del Profeta), è realizzato in due modi: il più popolare presenta la mano con tre dita aperte e due pollici simmetrici ai lati, mentre nell'altro la mano viene rappresentata con tutte e cinque le dita aperte. Leggenda vuole che, in ricordo della lacrima di Fatima che fece ravvedere il marito, le cinque dita ricordino, nella forma, quella lacrima sacra.

Il chiama-angeli per la mamma in attesa

Uno degli aspetti più importanti per assicurare un parto naturale è che il bimbo sia in posizione cefalica (con la nuca rivolta verso il basso) in modo che la testa del piccolo si incanali nel canale del parto.

Durante i nove mesi di gravidanza la piccola creatura può girarsi più e più volte all'interno del caldo ed accogliente utero materno e ovviamente più spazio avrà (inizio gravidanza) e più gli sarà possibile fare comode capriole.

Negli ultimi mesi infatti, lo spazio limitato gli rende difficoltosa la rotazione, anche se ciò può accadere per correggere la posizione e mettersi finalmente a testa in giù, o a volte, purtroppo, per mettersi podalico.

Un parto con bimbo podalico non è impossibile e ci sono tante testimonianze molto interessanti e rassicuranti a riguardo, ma in questi casi la maggior parte degli ospedali italiani (e non) danno per scontato un taglio cesareo in quanto ritenuto pericoloso e più complesso di un parto naturale. Ma questo è un altro argomento...

Fin dall'inizio della gravidanza è possibile aiutare il bambino ad orientarsi all'interno dell'utero materno e a suggerirgli la posizione corretta che deve assumere con semplici accorgimenti.

Un curioso ciondolo "riscoperto" ultimamente e che in tanti chiamano "Chiama Angeli" risulta essere molto efficace. Il suo vero nome è "Bola" e ha origini messicane.

Si tratta di un ciondolo in argento dalla forma sferica al cui interno è saldato un piccolo xilofono che con leggeri movimenti crea un particolare e delicato tintinnio. Indossato come una lunga collana al collo della donna in dolce attesa, ha particolari effetti anche sul nascituro.

Alla dodicesima settimana di vita intrauterina l'orecchio interno inizia a svilupparsi e già verso la ventesima settimana l'udito è ottimale e il piccolo inizia a sentire le voci, i suoni e i rumori intrauterini ed extrauterini. Ad ogni passo della futura mamma il piccolo sarà cullato dal suo comodo utero, dal caldo liquido amniotico in cui è immerso e...dal dolce trillo del ciondolo. Il bimbo tenderà istintivamente a seguire quel suono e se posizionato a testa in su potrebbe tentare di girarsi, incuriosito dallo xilofono.

Inoltre il tintinnio fa rilassare e tranquillizzare la piccola creatura, ma soprattutto lo abitua ai ritmi della madre e quindi del sonno/veglia: quando è giorno si sta svegli e si cammina (e il ciondolo suona), quando è notte si riposa e si sta fermi (e il suono non c'è più). Quindi, future mamme, ricordate di togliere il bola di notte e, futuri papà, ricordatevi di farglielo togliere per non passare notti insonni in futuro!

Attenzione: è di fondamentale importanza posizionare il ciondolo in maniera corretta per non rischiare di ottenere l'effetto contrario aiutando il piccolo a mettersi podalico. Il bola deve infatti essere indossato con un cordino molto lungo in modo che la sfera arrivi all'altezza del basso ventre in corrispondenza della testolina del piccolo (almeno 4 dita sotto l'ombelico). Tante volte mi è capitato di vedere mamme con il ciondolo posizionato troppo alto e lamentarsi del piccolo podalico...

Ci tengo a sottolineare un aspetto importante di questo articolo: il suddetto ciondolo è solo un semplice modo per aiutare il bambino a rimanere della posizione corretta o per aiutarlo a girarsi, ma questa non è una garanzia.

In caso di bimbi podalici esistono tantissimi metodi per guidarli verso il canale del parto in posizione corretta, anche a gravidanza avanzata. Ci sono tecniche naturali, erbe da applicare in particolari punti, movimenti e posture da assumere, trattamenti di particolari discipline,... Il mio consiglio è di cercare fin da subito di instaurare un rapporto speciale con il proprio cucciolo che, anche se nel pancione, riesce a percepire benissimo le parole e la presenza di mamma e papà: parliamogli come se fosse un adulto, incoraggiamolo a girarsi, facciamogli sentire il calore e l'amore delle mani sul basso ventre.

Sono semplici cose, ma che permettono di instaurare un solido rapporto di comunicazione tra figlio e genitori basato sul puro amore.

L'argomento resta comunque molto delicato e quando si è tentato davvero di tutto per far girare il piccolo, ma ogni tentativo risulta essere invano, è importante per i futuri genitori trovare la forza per accettare la situazione rispettando la decisione del proprio figlio. Questo non vuol dire rassegnarsi, ma solo mettersi in uno stato di accettazione.

Ricordiamoci comunque che, anche se lo spazio è davvero ridotto, il piccolo potrebbe girarsi anche all'ultimo istante prima di venire alla luce.

Federica Scropetta

Dalla parte del bambino

Diego nasce alla 38° settimana di gestazione da taglio cesareo elettivo, la mamma è una precesarizzata. Fino a quel momento Diego aveva fatto il suo dovere, mettendosi in posizione cefalica, ma senza fretta, perché non aveva avvertito alcun segnale che gli indicava di doversi impegnare. Nessun avvertimento biochimico o ormonale, nessun segnale meccanico, nessuna comunicazione tra lui e la placenta, nessun vero dialogo tra il suo cervello e quello della mamma. Lui non poteva sapere che quel cerchiolino sul calendario in cucina stava ad indicare che mercoledì mattina alle 8, in una moderna sala operatoria, il suo mondo sarebbe definitivamente cambiato. Quando la mano guantata lo estrae con attenzione, ma senza chiedere il permesso, il suo viso è una enorme unica smorfia; esce come da un sifone trascinandosi tutto il suo liquido (è proprio suo, l’ha prodotto lui). Come giustamente si usa dire: Diego viene alla luce; la luce della vita? No, la luce della scialitica (anzi due, di fabbricazione tedesca).

Con gesti rapidi e sicuri viene immediatamente separato dalla sua placenta; ‘la placenta è l’unico organo del corpo che si butta via’.

L’Apgar si dà al termine del primo minuto, ma Diego inizia a respirare al terzo secondo, e a otto secondi mostra già tutti i dieci punti. E continua a piangere; ma, ‘neonato che piange, anestesista che ride’. In effetti tutti ridono e si complimentano a vicenda; anche Diego riceve molti complimenti, ma lui non gradisce e continua a piangere. L’ostetrica che l’ha preso per portarlo sul lettino tenta di calmarlo asciugandolo e avvolgendolo con un telo tiepido. Respira già bene e quindi non viene aspirato; anche la luce del lettino viene spenta per non disturbarlo inutilmente, ma lui continua a piangere. E’ così arrabbiato da inarcarsi in opistotono, anche gli arti sono rigidi. Fortunatamente questo atteggiamento dura poco, altrimenti anche il respiro avrebbe cominciato a farsi difficoltoso.

Viene avvolto più stretto nel telino per dargli un confine e una sponda di appoggio, ma lui continua a piangere. L’anestesista ora non ride più ed è stupito da questa disperazione ‘perché fa così? cosa c’è di meno traumatico che nascere da cesareo senza neppure la fatica del travaglio?’. Queste parole mi colpiscono, anche se dal punto di vista del medico, o semplicemente di un adulto, sono logiche. E’ dal punto di vista di Diego che invece sono prive di senso.

Cerchiamo di capire perché.

Tecnicamente Diego nasce con un parto precipitoso; non è possibile concepire un modo per nascere più veloce di questo. Senza travaglio non gli è stata possibile alcuna preparazione e neppure alcuna partecipazione. Soltanto aspettando l’inizio spontaneo del travaglio avremmo potuto capire quando Diego era pronto per nascere. E’ anche per questo che i nati a termine da taglio cesareo senza travaglio, hanno un rischio di patologia respiratoria da difficoltoso adattamento circa sette volte maggiore dei nati da parto spontaneo.

La mancata partecipazione fisica ed emotiva al travaglio e al parto, impediscono l’attivazione di quei raffinati movimenti fetali di locomozione e propulsione che Milani Comparetti identificava come repertorio innato del feto, in grado di dare inizio agli automatismi primari (cioè quelle competenze geneticamente programmate che attivate dall’esperienza e dall’ambiente danno origine a importanti funzioni adattive).

Cerchiamo di immaginare come Diego ha vissuto fino a pochi secondi dalla nascita.

Avvolto dal liquido, in assenza di gravità, massaggiato continuamente dalle pareti morbide, lisce e pulsanti dell’utero, accompagnato da suoni continui (interni ed esterni al corpo materno), in perenne e ritmico dondolio. Diego come tutti i feti per nove mesi è un bambino ‘viziato’; in utero infatti il bisogno viene soddisfatto prima ancora di essere percepito, in quello stato è assente la percezione di mancanza. La fame e la sete vengono annullate da una placenta prodiga, simile alla manna del racconto biblico, un nutrimento pronto e non conservabile, in una posologia definibile quanto basta.

Se approfondiamo il nostro sforzo di immaginare la vita fetale di Diego, riusciamo a intuire che per lui (ancora privo di individualità consapevole) mondo interno e mondo esterno coincidono; lui è anche la sua placenta, ma anche il suo utero, e anche la sua mamma. Per alcuni mesi dopo il parto Diego non avrà una mamma, perché la mamma continuerà ancora per un po’ ad essere percepita come una parte di sé. In utero ha vissuto buona parte del suo tempo in una sorta di dormiveglia, in sonno attivo (e questo ha favorito il suo sviluppo cerebrale). In realtà Diego non è in grado di distinguere tra la veglia e il sonno, tra la realtà e il sogno; e poiché quando sogna non sa di sognare, vivrà il suo sogno con la stessa intensità della veglia attiva.

Diego fino al momento della nascita ha vissuto soltanto il tempo uterino, che è un non-tempo, con caratteristiche di costanza e prevedibilità, dove il ritmo è dato dalla periodicità biologica dell’organismo materno e fetale. E’ proprio questa coerenza dell’esistenza fetale a caratterizzare il mondo uterino, dove la coscienza emozionale è rappresentata da una percezione sensoriale globale, nella quale la dimensione cognitiva ed affettiva coincidono.

Come ogni feto Diego è un soggetto sinestesico, incapace di separare e catalogare con un pensiero razionale e simbolico la natura delle proprie percezioni ed emozioni. Lui è il suo corpo, ma questo corpo comprende anche l’ambiente nel quale è inserito, e il suo ambiente arriva fin dove la sua capacità percettiva è capace di giungere.

Quando Diego nasce è quindi un bambino ‘viziato’ che non può fare a meno dell’esperienza fatta in utero, un’esperienza che potremmo definire di ‘relazione-senza relazione’ (dove appunto 1+1 fa esattamente 1); nel momento in cui nasce deve iniziare a sperimentare una nuova forma di esistenza (e a questo punto nella logica della nascita 1-1 farà 2). Adesso occorre costruire una relazione vera tra due o più individui, ma a Diego occorreranno mesi per capire o intuire questa difficile verità.

Ritorniamo ancora a Milani Comparetti che oltre vent’anni fa, con profetica lucidità, definiva la nascita ‘un evento che agisce come organizzatore di nuovi e diversificati fattori biologici e relazionali’, e sottolineava la ‘continuità del processo evolutivo ontogenetico’ nel quale ogni nascita è inserita.

Il dialogo biologico e psicologico, che caratterizza la relazione madre-bambino iniziata in utero, con la nascita non si interrompe, ma si riconverte e si riorganizza; madre e bambino iniziano un rapporto nel quale ognuno di loro è contemporaneamente soggetto e oggetto.
La voce della mamma rappresenta il primo forte collegamento con la vita prenatale; sappiamo che per buona parte della vita fetale l’udito appare ben sviluppato e attivo, permettendo quella che viene definita memoria intrinseca o evocativa. Il timbro, il tono e la musicalità della voce materna può essere considerato la prima forma di collegamento tra l’endo e l’esogestazione. Ogni altro suono sarà nuovo, sconosciuto, disturbante, incapace di evocare alcunché.

Studi di neurofisiologia hanno mostrato la diversa attivazione cerebrale prodotta nel neonato dalla voce materna – il motherese - rispetto alla comune voce dell’adulto, dimostrando che il neonato, fin dal settimo mese di gestazione, è capace di processare la qualità dei suoni discriminando le componenti linguistiche.

Quando il neonato si rilassa, ritrova un nuovo equilibrio sensoriale e una nuova dimensione cinestesica, arrivando ad aprire gli occhi. Inizialmente ‘vedrà senza guardare’ non potendo vedere nulla di noto (neppure il volto materno); occorrerà un po’ di tempo per mettere in collegamento il volto della madre con la sua voce, il suo odore, il suo tocco, il suo seno, il suo latte, ….

Il contatto col seno riporta il neonato alla prevedibilità e alla coerenza uterina. Per lui la realtà è ancora sinestesica: quando succhia il seno, con la bocca beve il latte e con lo sguardo beve il viso della mamma; intanto annusa, tocca ed è toccato. Durante l’allattamento i suoi sensi sono particolarmente attivi e sinergici; così nel momento della poppata sono tantissimi i bisogni che vengono contemporaneamente soddisfatti: fame, sete, calore, contenimento, contatto, visione, …e per un po’ si realizza una nuova rassicurante omeostasi.

Durante la suzione del seno il neonato riesce ad addormentarsi direttamente in sonno REM, cominciando immediatamente a sognare; ma a sognare cosa? probabilmente sogna di poppare oppure di essere tornato nella pancia ‘dove ogni bisogno è soddisfatto prima di poter essere percepito’.

Il passaggio da feto a neonato è un processo biologico e psicologio che coinvolge principalmente il SNC (gli altri organi e apparati sono coinvolti solo secondariamente). Nelle ultime settimane di gravidanza il tronco cerebrale ha terminato la sua maturazione e la corteccia ha iniziato ad integrarsi con le strutture sottocorticali permettendo l’elaborazione delle esperienze sensoriali. Attraverso la plasticità cerebrale, le stimolazioni e le interazioni con l’ambiente producono condizionamenti e modifiche strutturali sulla maturazione cerebrale, sia nell’ultimo periodo fetale che nei primi mesi di vita.

Il percorso da feto a neonato potrebbe essere considerato una forma di ‘ricerca di senso’, inizialmente di coerenza ed equilibrio e subito dopo di maggiore organizzazione.

Potremmo anche paragonare il neonato ad un adolescente, entrambi vivono infatti una faticosa e stimolante esperienza di transizione tra un mondo definitivamente perduto e un altro completamente nuovo da costruire.

Ma come aiutare questo ‘adolescente’ privo di coscienza e pensiero simbolico, innamorato folle della propria madre? Come aiutare questo individuo incapace di riconosce la realtà, ma che nella realtà si trova a vivere completamente esposto, privo di filtri e difese?

La nostra specie vive il primo semestre di vita mantenendo funzioni di natura fetali, e per questo parliamo di esogestazione. Per Winnicott il neonato al momento della nascita non è ancora pronto per nascere e Selma Fraiberg ha osservato che ‘gli avvenimenti della sua vita sono senza connessione’.

Se vogliamo rendere più facile al neonato la sua disperata ricerca di equilibrio, dobbiamo mettere ordine e coerenza nella ‘confusione’ delle sue percezioni, ricordando, come osservava J. Korzack, che egli pensa per ‘emozioni e sentimento’.

Diego ha mostrato in modo eclatante tutto il suo bisogno di adattamento, ma anche la sua mamma e il suo papà non sono esenti da bisogni speciali ed emotivamente importanti.

Il loro primo bisogno nasce dalla necessità di vedere, di ascoltare e di toccare il bambino, di sentirlo vivo (a noi medici invece interessa la sua vitalità,… non è la stessa cosa). Ma subito dopo compare il bisogno di essere visti da lui, e poi di essere toccati, fino ad arrivare ad essere ‘mangiati’ da lui (anche se inizialmente è solo un piccolo assaggio).

In un attimo compare il bambino reale, quello vero, che sostituisce quello immaginato; ma il neonato immaginato è anche un po’ temuto, e quindi occorre che una persona di fiducia dichiari esplicitamente: è sano e sta bene (anche se la cosa fosse già di per se evidente).

Il tenere in braccio rappresenta il termine della fatica della gravidanza e lo scopo del dolore del parto, ma è anche l’inizio vero e proprio di un progetto esistenziale che può essere guardato e toccato. In questo momento si colma, in maniera quasi automatica e inconscia, quel senso di vuoto di una pancia disabitata, dove improvvisamente non avvengono più movimenti e azioni.

Questo processo può essere rapidissimo, oppure può durare a lungo se il neonato viene portato via, se il bambino invisibile della pancia non si mantiene in continuità col bambino tenuto in braccio; il bambino che ritorna lavato e vestito, può essere percepito come un altro bambino.

Ha scritto una mamma: il risveglio dall’anestesia del cesareo è stato strano, non c’era più la pancia e non c’era più mia figlia (…) Era tutto talmente doloroso, un vero incubo, era come se non avessi partorito, mi comportavo come se mio figlio non fosse mai nato, come se non fossi mai stata incinta, altrimenti non avrei retto quel distacco innaturale (…)

E’ molto difficile per il personale ospedaliero aiutare un neonato disorientato, lo dimostra la facilità con la quale viene accettato il suo pianto. Il pianto non è una semplice forma espressiva (altrimenti i neonati canterebbero!) e neppure una ginnastica respiratoria (sic), il pianto serve per sperimentare la consolazione. Quando noi restiamo senza reagire a urla e pianti insistenti siamo come giornalisti inviati di guerra che al fronte, in poco tempo, assumono atteggiamenti distaccati e cinici; il nostro è un normale atteggiamento di difesa, ma il rischio è di creare un ambiente anaffettivo, dove anche i genitori per condizionamento e imitazione possono vedere prosciugarsi o bloccarsi la loro sensibilità e affettività inconscie.

Come operatori sanitari possiamo invece aiutare i genitori a essere emotivamente disponibili, favorendo la loro predisposizione all’accudimento, incoraggiando il fare, rassicurando e rispondendo ai dubbi e se necessario prevenendo i pregiudizi inespressi: ‘signora, forse il bambino vuole essere preso in braccio e coccolato, provi a prenderlo con sé, adesso che è ancora piccolo non corre nessun rischio di viziarlo’.

Dobbiamo anche evitare di confondere la puericultura con il maternage: la puericultura riguarda le prassi e le modalità di comportamento degli operatori, mentre il maternage comprende l’insieme delle azioni e degli atteggiamenti che permettono alla madre di prendersi cura del bambino. La puericultura può essere standardizzata e normata da protocolli, mentre il maternage è sempre e solo personale, unico, dinamico e creativo.

I due ambiti possono contaminarsi positivamente: gli operatori possono personalizzare il loro agire e migliorare la loro sensibilità, i genitori possono acquisire un saper fare facilitato e più fiducioso. Occorre però evitare incoerenza e confusione tra i ruoli: la mamma che diventa una brava e precisa infermiera del figlio, l’operatore che sostituisce la madre in mansioni che esprimono un’importante valenza relazionale, come ad esempio l’alimentazione o il tenere in braccio (scriveva con un po’ di perfidia Winnicott: non lasciate che una persona prenda in braccio il vostro bambino, se capite che ciò non ha alcun significato per lei).

Come operatori dobbiamo puntare ad affinare sensibilità e attenzione nel cogliere le sfumature tra la relazione genitori-figlio, ‘pulendo’ il nostro linguaggio, favorendo intimità e rassicurazione; dobbiamo crescere nella consapevolezza che qualunque nostra procedura o azione non potrà mai essere neutra e, se non necessaria, diventerà immediatamente un ostacolo ai processi di adattamento e di bonding.

Usando per un attimo la prospettiva del neonato, proviamo a chiederci: alla nascita il neonato si aspetta di essere messo in una culla o di essere preso in braccio? Tenere in incubatrice per alcune ore dopo il parto un neonato che non ne ha bisogno, significa sostituire il dialogo uterino che si è improvvisamente interrotto, con un ambiente neutro e anaffettivo, che il neonato non è in grado di comprendere e di gestire; l’incubatrice è un oggetto col quale non è possibile interagire e che impedisce ad un neonato reattivo di organizzare una relazione primaria, minando così la sua ricerca di equilibrio col nuovo ambiente.

Sono ormai numerose le evidenze che mostrano la superiorità del contatto pelle a pelle rispetto all’incubatrice per stabilizzare la termoregolazione nell’immediato postpartum. Come già evidenziato per l’allattamento, anche il contatto madre-bambino subito dopo il parto assume molteplici valenze, coinvolgendo l’insieme delle componenti psicofisiche del neonato e producendo effetti di gran lunga superiori alla pratica tout court.

Siamo tutti consapevoli che il primo periodo dopo la nascita rappresenta un momento privilegiato per la costruzione dei processi di attaccamento tra i genitori e il bambino. La teoria di Bowlby è stata definita una teoria ‘spaziale’, nel senso che necessita di contatto diretto e vicinanza costanti, a mio avviso è anche una teoria ‘temporale’ che richiede tempi e modi privilegiati, il cui riferimento sono il ritmo e la periodicità uterine. In questa fase sarebbe quindi particolarmente utile posticipare gli interventi non strettamente o immediatamente necessari.

Occorre che riscopriamo e affiniamo un saper fare che promuova la normalità (Milani Comparetti parlava di semeiotica positiva) affinché la fisiologia possa rimanere tale e la cultura del nascere non venga contaminata da mansioni e procedure che non le appartengono.

Salvaguardare la ‘normalità’ di un neonato significa non aspirarlo se sputa e tossisce, significa interrompere il bagnetto se questo lo fa piangere, vuol dire attivarsi per portarlo rapidamente ad uno stato di tranquillità (Apgar 12?), posticipando la profilassi antiemorragica e oftalmica almeno di una paio d’ore dopo la nascita.

Anche sul neonato è possibile fare azione di empowerment, al fine di canalizzare e finalizzare le risorse e le energie di cui la natura lo ha fornito.

Siamo stati capaci di portare la ‘mortalità perinatale’ a percentuali bassissime, ma adesso a quali percentuali pensiamo di riuscire a portare la ’felicità perinatale’?

Come operatori possiamo chiedere a noi stessi di farci educare dalle nascite e dai neonati che incontriamo ogni giorno; ma un cammino educativo presuppone la disponibilità ad un costante cambiamento, sia individuale che di gruppo.

Ai genitori invece spetta il compito di attivare sentimenti forti ed empatici, come scrive Winnicott, per ‘presentare al bambino il mondo in un modo che abbia senso per lui’. Inizialmente soltanto la mamma (l’ambiente uterino da poco abbandonato) è in grado di fare da filtro col ‘mondo esterno’ minimizzando stimoli ed esperienze per il neonato incomprensibili e poco tollerabili, facilitando invece i necessari adattamenti per riconquistare l’equilibrio perduto.

In un certo senso un neonato separato dalla madre è un neonato ‘malformato’, perché privo di qualcosa di essenziale; egli può essere considerato un sistema omeostatico aperto, regolato dai processi di attaccamento e di interazione con la mamma. La regolazione che la madre esercita su di lui è definitiva e potrà riattivarsi anche nella vita adulta ogni volta che si realizzeranno condizioni e bisogni primari.

Attraverso l’allattamento la madre è in grado di tramutarsi da nutrimento biologico a nutrimento emotivo, trasformandosi in esperienza totalizzante. Così come dalla placenta per nove mesi sono passati i nutrienti per vivere e per crescere, dopo la nascita è il seno a fornire sostanze vitali che, come il sangue placentare, hanno origine direttamente dal corpo materno.

Già Ludovico Dolce nel 1547 definiva il latte di donna ‘sangue bianco’ e spiegava: ‘provide la natura alla nudritura de fanciulli, convertendo con meraviglioso artificio il sangue in latte, affine che quello aspetto non spaventasse’. Effettivamente il latte della mamma mantiene il neonato in stretta dipendenza biologica, permettendogli di continuare a cibarsi di lei. La separazione dal corpo materno è resa lenta e progressiva, limitando così il ‘trauma’ di una nascita inevitabilmente sempre troppo veloce.

Nel 1794 nel suo Discorso sopra l’allattamento de’ bambini Antonio Fantini osservava che ‘porgendo il seno al figlio la madre sente una porzione della sua esistenza passare in quella di lui’, e questo intimo senso di comunicazione d’esistenza è così forte e così coinvolgente ‘che essa di tutto si scorda in un momento, e da tutti i legami più cari si stacca; ella si chiude in casa sua, né sa più vivere che per suo figlio, che le tien luogo di tutti’; dopo oltre due secoli è arrivata la nostra scienza moderna a farci scoprire bonding e reverie materna.

Anche le attuali discussioni sul rooming-in e l’attaccamento precoce al seno sono state oggetto di riflessione già molti decenni orsono (almeno fin dagli anni ’40) e un pediatra milanese poco noto, Ferdinando Cislaghi, nel 1956 aveva il coraggio di scrivere: la nursery è comoda per molti, meno che al neonato. A quando una seria e onesta discussione sulla inutilità e sul danno iatrogeno prodotto per decenni dai nidi delle nostre maternità ?

Per terminare la storia della nascita di Diego, con la quale abbiamo iniziato questa riflessione, dobbiamo raccontare che quel suo pianto insistente e inconsolabile si è interrotto per pochi minuti soltanto quando è stato portato vicino alla mamma (ancora sul lettino operatorio) e ha potuto ascoltare la sua voce.

Mentre per noi operatori il mercoledì mattina in cui Diego è nato rappresenta un comune e feriale giorno lavorativo, per lui quello è stato il giorno più importante della sua vita; per sperimentare ancora un cambiamento esistenziale tanto impegnativo e significativo dovrà aspettare l’ultimo secondo della sua vita.

Alessandro Volta, pediatra