giovedì 7 gennaio 2016

Parigi, un anno dopo

E' già passato un anno dalla sparatoria nella sede di Charlie Hebdo: allora non avevo una tastiera sottomano, ma confermo tutto quello che volevo dire.
Che se la siano cercata è un dato di fatto: abbiamo visto tutti quello che scrivevano e disegnavano, era una vera persecuzione che prima o poi doveva cessare, ma non così. Se invece di inventarsi il "diritto alla blasfemia" e altre simili idiozie (perchè anche questo ci è toccato ascoltare!) i magistrati avessero comminato loro delle condanne pecuniarie e non, adesso Charb e gli altri sarebbero in bancarotta, forse in prigione, ma vivi. Ho visto anch'io disegni e scritte del genere quando passavo davanti a un'aula occupata da una manica di figli di papà annoiati che si dichiaravano anarchici: li ho denunciati inutilmente e caricati di insulti, ma non li ho mai toccati con un dito perchè sta scritto: non praevalebunt. E' un Altro che ci deve pensare, con i suoi sistemi così diversi dalle nostre armi miserabili.
Pochi giorni dopo l'attentato ero davanti alla televisione, vidi per caso alcuni minuti di uno spettacolo di Benigni dei primi anni Ottanta: era una sfilza di bestemmie e volgarità urlate nello scantinato di non so quale bettola, roba da tapparsi le orecchie, non molto diversa dalle pagliacciate di Parigi. Un cambio di fotogramma e si vedeva lo stesso uomo trent'anni dopo, sereno e commosso, che leggeva l'ultimo canto del Paradiso ad un pubblico attento e numeroso davanti al Duomo di Firenze. E' ciò che il vescovo di Roma ha chiamato genialmente "la pazienza di Dio": magari anche per i vignettisti di Charlie Hebdo sarebbe stato lo stesso, magari non tutti ma almeno uno di loro sarebbe riuscito a cambiare, e invece non lo sapremo mai per colpa di questi vigliacchi che dicono di essere musulmani e non sanno nemmeno che il Corano parla di Allah al Rahman, Allah il Clemente, il Misericordioso.
Chi mi conosce bene sa quanto mi spavento ogni volta che la stampa viene colpita dalla guerra perchè con questi fanatici non si può mai sapere, se la prendono con chiunque non gli vada a genio, non solo con la satira, e anche chi non è superstizioso con la paura finisce per diventarlo. Dieci giorni dopo ero in città per delle piccole commissioni, entrando nella mia casa che era vuota da mesi trovai la mia penna di vetro per terra, spezzata in due. Abito al primo piano e certo sarà stato un caso, uno scossone del pullman per strada o un colpo troppo forte del portone, ma io che sono (quasi) incapace di piangere quella volta ho vomitato anche l'anima: sembrava davvero una maledizione, quello che provavo era paura allo stato puro non tanto per la mia vita, ma per un'altra vita che per me vale molto di più e che a differenza della sottoscritta firma sempre col suo vero nome. Per fortuna non era successo niente, erano solo i miei nervi che mi stavano facendo un brutto tiro, mi bastò uscire per strada e il panico svanì così come era arrivato e tornai alle mie beghe da quattro soldi con gente che ne fa di tutti i colori, truffa e odia e alza le mani ma se non altro posso dire che non spara.
Adesso, guardando le foto di tutta la redazione, senza farlo apposta mi sale alla mente un pensiero pagano: Signore Clemente e Misericordioso, a questi disgraziati cui è stato tolto il tempo di cambiare, dai un'altra possibilità, solamente per una volta fagli avere un'altra vita.

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