mercoledì 1 giugno 2016

Corpus Domini

Ero pochi giorni fa, la vigilia del Corpus Domini, nel luogo da dove è cominciata la mia serie interminabile di guai. 
Chi mi conosce sa che più volte sono stata a un passo dal rinchiudermi in casa come tanti altri prima di me, e che ancora oggi ne sono tentata: bene, proprio in quel momento avevo finito di sentire gli sproloqui della madre di uno che non ce l'ha fatta a resistere e dal 2010 vive isolato dal mondo. A sentire quella donna tutta contenta di come l'ha ridotto, che si scandalizzava dell'uno e dava del delinquente all'altro per il solo fatto di avere una vita, mi sono sentita sommersa da un senso di oppressione, un'angoscia nera molto simile a quella dei mie incubi e anche cacciare via quella pazza in malo modo non è servito a farmi sentire meglio.
Pochi minuti dopo, mentre stavo con le mani nei capelli in un misto di rabbia, paura, compassione e disgusto, vedo passare la processione del Corpus Domini, la più scalcinata che si possa immaginare: era al limite del ridicolo, sembrava uscita da un film di Manfredi, eppure in quel momento ho capito.
Ho capito che se Dio è dappertutto, non può non trovarsi anche lì;
che non esiste un paese "abbandonato da Dio", come si sente dire ogni tanto, casomai è la gente che ha abbandonato Lui;
che magari non vale proprio sempre, ma l'altro giorno in mezzo a quei quattro stonati, dentro all'ostia Gesù Cristo c'era davvero, checchè ne dicano i soliti professoroni, e che se decide di rendersi presente in un certo luogo non c'è scisma al mondo che glielo possa impedire.
A quel punto ho pensato solo questo: grazie Signore che non abbandoni il tuo popolo, per quanto possa essere perfido e infedele: grazie anche a voi don R. e don S., mie vecchie conoscenze, oggi uomini coraggiosi che tenete duro in mezzo a quell'inferno, dove ci sono cose che al confronto la mafia fa solo ridere; grazie in anticipo a chiunque mi aiuterà a tirare fuori di lì tanta gente innocente e normale, ma troppo debole per liberarsi da sè.
Tra meno di un mese mi metterò in coda a un'altra processione per un'altra solennità: a Torino si festeggia il Precursore, quello che gridava contro i suoi compaesani chiamandoli razza di vipere. Chissà da dove aveva preso quell'espressione, che ancora oggi fa il suo effetto e tutto sembra fuorchè presa dalla Bibbia: chissà se era già un proverbio o se l'aveva imparata da sua mamma, la mia seconda patrona da qualche anno a questa parte (per ora solo come pseudonimo, e in futuro sia quel che Dio vuole). Certo però che se lui si rivolgeva in quel modo alla gente d'Israele, mi immagino cosa non direbbe adesso alle vipere che infestano le province italiane.

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