martedì 28 luglio 2009

L'angelo che ama i fiori

Gabriele ama i fiori, e se ne serve per insegnare agli uomini. Forse egli è l'inventore del linguaggio dei fiori? Già, col suo giglio, egli saluta la purezza della Vergine. Col suo ramo d'olivo, sottolinea le aspirazioni pacifiche di Siena contro la bellicosa città dei Medici e, quando inalbera uno stelo d'amarillo nella scena dell'Annunciazione, è un omaggio alla regalità di Maria.
Ma gli accade di essere più esplicito, intervenendo direttamente con dei fiori presso talune persone. Una pia donna - molto bella per giunta - è sospettata di adulterio da suo marito, ricco commerciante di Ferrara che rosica una gelosia maldestra. Ella si rivolge al francescano Francesco da Castromiglio, supplicandolo di prendere in mano la sua causa: lui solo saprà far sentire ragione ad un uomo che, come numerosi suoi concittadini, vede in ognuno dei suoi amici o parenti un potenziale amante di sua moglie dacché, alcuni anni prima, il conte Nicola d'Este, signore della città, ha sorpreso la sua seconda moglie Parasina Malatesta nelle braccia del figlio che egli ha avuto dalla prima. L'esempio viene dall'alto e rischia di essere contagioso, benché il conte - dopo aver fatto decapitare gli amanti - abbia decretato che ogni donna convinta di adulterio sarebbe stata passibile di morte.
Fra Francesco convoca il marito geloso e lo ammonisce, sforzandosi di convincerlo dell'innocenza della sua sposa. Invano. Siccome il buonuomo non vuol sentire nulla, il frate si pone in preghiera: sotto gli occhi spalancati del sospettoso marito, l'angelo Gabriele appare, portando una rosa bianca - simbolo di amore e di purezza - che il commerciante, oramai rassicurato sulla condotta di sua moglie, deve rimettere a questa in pegno di concordia ritrovata.

Nessun commento:

Posta un commento